Una condanna e un patteggiamento nell'inchiesta Commodo che si è conclusa ieri davanti al giudice Giuseppe Molfese per due imputati che hanno scelto strade processuali diverse. Luca Di Pietro ha puntato sul rito abbreviato ed è stato condannato a due anni e sei mesi, mentre Nicola Spognardi, ispettore del lavoro, anche lui imputato, ha patteggiato la pena di un anno e quattro mesi. Erano difesi dagli avvocati Giovanni Codastefano, Alessandro Paletta e Flaviana Coladarci. Non era facile il quadro processuale per Di Pietro nei cui confronti il pm Giuseppe Miliano aveva chiesto la condanna a quattro anni. Per Di Pietro è arrivata l'assoluzione da alcuni capi di imputazione, tra cui quelli in materia tributaria. All'indirizzo di Spognardi, gli inquirenti avevano contestato in qualità di dipendente dell'Ispettorato del Lavoro, di aver garantito una copertura ad una azienda agricola, tutto questo in cambio di utilità, fornendo - sempre secondo quanto è emerso - delle indicazioni per eludere dei controlli. Il giudice Gaetano Negro che aveva emesso il provvedimento restrittivo, aveva sostenuto che «aveva messo a disposizione la propria pubblica funzione a favore di un altro indagato e della cooperativa compiendo atti contrari ai doveri di ufficio consistiti nel fornire attività di consulenza alla società, partecipando a riunioni che riguardavano anche la gestione della società ed alla predisposizione degli atti».

Per Di Pietro era stato contestato un ruolo diverso, quello di autista dei mezzi che caricavano gli stranieri. E poi dagli accertamenti è emerso che era il legale rappresentate di una cooperativa impegnata nella raccolta delle persone che dovevano lavorare nelle campagne dell'Agro Pontino.
«Era un elemento importante dell'associazione ed era consapevole di quello che accadeva, trasportava le persone sottopagate nei campi», aveva sostenuto il pm Miliano nel corso della precedente udienza in occasione della requisitoria. Ieri la parola è passata alla difesa che ha cercato di smontare le accuse e ridimensionare il quadro accusatorio. Al termine della camera di consiglio il giudice ha disposto anche la condanna ad una pena pecuniaria di 100mila euro. Infine per l'Inps che si era costituita parte civile, il giudice ha disposto il risarcimento in separata sede.
Quando saranno depositate le motivazioni della sentenza, la difesa di Di Pietro impugnerà il ricorso in Corte d'Appello.