Una volta che i giudici del Tribunale del Riesame hanno depositato le motivazioni, la Procura ha impugnato il dissequestro dei soldi finiti sotto chiave nel corso dell'operazione Guscio. Le difese avevano messo in luce che come presupposto indispensabile per adottare il sequestro vi fosse la sussistenza del fumus, ritenuto un elemento fondamentale. Questa prospettazione era stata accolta dai giudici del Riesame delle misure cautelari reali ma ha spinto alla fine i due magistrati inquirenti Claudio De Lazzaro e Giuseppe Bontempo, a presentare un nuovo ricorso in Corte di Cassazione. La data dell'udienza non è stata ancora fissata.

Nelle motivazioni il giudice estensore Gian Luca Soana, presidente del collegio penale, aveva sottolineato che non c'erano gli estremi per contestare l'ipotesi di reato.
Il sequestro preventivo era stato disposto sui conti correnti degli indagati e i giudici avevano annullato, sostenendo che è assente l'elemento richiesto per la contestazione del reato che aveva portato ad apporre i sigilli ai soldi. Il ricorso davanti la Suprema Corte non è l'unica novità giudiziaria dell'inchiesta.

I difensori degli indagati hanno impugnato la misura dell'interdizione dalla professione, chiedendo la revoca e puntando sull'insussistenza degli elementi costitutivi del reato. A marzo sono stati discussi i ricorsi di Luca Pietrosanti e Aldo Manenti, il 7 aprile quello di Massimo Mastrogiacomo. Lunedì sarà discusso il ricorso di Luigi Buttafuoco e il 16 sono in programma quelli di Roberto e Simone Manenti. Fino a questo momento sui ricorsi dei professionisti i giudici ancora non si sono pronunciati. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Francesca Roccato, Luca Giudetti, Renato Archidiacono, Enrico Quintavalle, Tommaso Pietrocarlo, Marco Fagiolo, Claudio De Felice. A distanza di due mesi da quando il giudice Giuseppe Cario aveva respinto, una volta ricevuto il parere dei pubblici ministeri, le istanze di revoca relative alla misura del divieto temporaneo di esercitare la professione per sette delle otto persone indagate per il fallimento del Quadrifoglio, adesso il responso che arriverà da Roma avrà certamente un peso nell'inchiesta condotta dai militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. A vario titolo i reati contestati sono quelli di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nell'ambito di procedure fallimentari, trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita. L'indagine era scattata a seguito di una denuncia presentata nel maggio del 2018 su delle irregolarità di una procedura fallimentare del Quadrifoglio proprietaria dell'hotel Il Guscio a Terracina. Secondo l'impianto accusatorio l'imprenditore Giovanni Amuro ha acquistato la struttura ricettiva per un milione e mezzo di euro dal gruppo di professionisti che aveva acquistato le quote della Circe dalla curatela del fallimento Quadrifoglio. In fase di indagini preliminari, il primo step dell'inchiesta, nel giugno del 2019, aveva portato alla perquisizione degli studi dei professionisti. Nel provvedimento il giudice Giuseppe Cario aveva sostenuto che: «la consorteria confeziona scelte procedimentali finalizzata a sottrarre il bene all'asta». Adesso oltre al ricorso davanti alla Suprema Corte non resta che attendere il responso che arriva dall'appello.