Una vicenda venuta fuori per caso, quando una donna a suo tempo tratta in inganno dall'impiegato comunale infedele, decide di chiedere al Comune l'autorizzazione all'abbattimento di alcune barriere architettoniche nella propria abitazione a causa di una sopraggiunta inabilità motoria del marito. Dato incarico ad un tecnico di provvedere alla progettazione e al disbrigo delle pratiche amministrative necessarie, la donna verrà a sapere che l'autorizzazione allo scarico delle acque reflue ottenuto qualche anno prima e propedeutico al rilascio del condono edilizio per un precedente abuso, non era mai stato registrato nell'Ufficio competente, e dunque si rendeva necessario ripartire da zero.

Per niente intenzionata a ripetere una procedura già effettuata e per la quale aveva anche pagato, la donna si era rivolta a un legale, che insieme al tecnico già incaricato e ad alcuni funzionari del Comune era venuta a capo della situazione. Benché la signora fosse in possesso di ricevute di pagamento di somme afferenti alla pratica di rilascio dell'autorizzazione allo scarico di acque reflue, di quella pratica non esisteva alcuna traccia ufficiale. Non restava che denunciare il fatto alla Segreteria generale del Comune e attendere gli sviluppi. Il «sistema De Monaco» viene scoperto così. L'impiegato del Servizio Ambiente e Territorio, abilitato a ricevere le istanze dei cittadini ma non ad istruire le relative pratiche, quando se ne presentava l'occasione, verosimilmente in assenza dei colleghi d'ufficio, si faceva carico dell'intero espletamento della pratica richiesta, in genere il rilascio di autorizzazione allo scarico di acque reflue, e periodicamente si recava presso le abitazioni dei richiedenti per riscuotere acconti giustificati come «oneri accessori», fino alla consegna del titolo una volta ritenuta congrua la somma complessivamente intascata.

Per «costruire» quel tipo di autorizzazione, Nicolino De Monaco aveva escogitato un sistema tanto elementare quanto inefficace: riproduceva le parti anonime di regolari autorizzazioni rilasciate dai colleghi, alle quali aggiungeva un frontespizio con un numero di protocollo inventato, una data verosimile e i dati corretti relativi al richiedente che si era rivolto a lui, che si ritrovava dunque tra le mani un titolo recante le firme autentiche di inconsapevoli funzionari e dirigenti comunali. Ma una cosa l'impiegato infedele non poteva fare: allegare il titolo fasullo da lui rilasciato in una fascicolo preesistente o creare un fascicolo ex novo.

Quando la malcapitata signora tratta in inganno ha sporto denuncia, le incongruenze sono venute fuori in un istante.
Ma tra i casi presi in esame dai carabinieri, questo è stato l'unico ad aver visto coinvolta una persona in buona fede. Gli altri casi riscontrati si riferiscono invece a persone consapevoli dei reati che stavano consumando insieme al De Monaco, ma che avevano preferito quella scorciatoia per ottenere un'autorizzazione falsa piuttosto che affrontare il corretto iter amministrativo. E' così che gli indagati Pietro Cannone, Maurizio Ciucci e Aurelio Feola sono finiti nel mirino degli investigatori e oggi si vedono costretti all'obbligo di firma con l'accusa di corruzione. Tutti e tre hanno corrisposto somme di denaro al De Monaco per ottenere da lui delle autorizzazioni che verosimilmente sapevano non avrebbero mai potuto avere seguendo le previste vie ordinarie.

Dai riscontri ottenuti dai carabinieri in un anno di indagini attorno all'attività illecita di Nicolino De Monaco, è emerso che l'impiegato ha intascato indebitamente oltre undicimila euro da tre delle persone alle quali aveva rilasciato titoli inutilizzabili. Per qualcun altro non si è riusciti ad acquisire prova di dazioni di denaro. Quello che è certo invece è che la traccia del primo reato compiuto dal De Monaco ai danni della donna ignara di essere truffata risale al 2017, mentre l'ultimo, commesso in favore del Feola, risale a un anno fa.

Se in questo lasso di tempo vi siano stati altri rilasci di autorizzazioni farlocche ad opera di Nicolino De Monaco è quello che i carabinieri stanno cercando di stabilire. Saranno di grande aiuto il caso ed eventuali nuove testimonianze di persone che hanno avuto a che fare con l'impiegato del Servizio Ambiente e Territorio. Quelle in buona fede, ovviamente.