La definizione più lieve era «coglione bastardo», poi c'era «camorrista», «napoletano». O anche «malfidato» «scorretto», «ladrone». Cosette così, che volano dentro le intercettazioni allegate all'ordinanza del gip che ha portato ai domiciliari Claudio Rainone e Mario Graziano Esposito, due commissari fissi dei concorsi incriminati. Le parole pesano non solo per le contestazioni di ordine penale ma, forse di più, per capire il clima nel pianeta della Asl di Latina.

Eloquenti i gesti che si fanno i due principali indagati in un incontro che viene ripreso dalla polizia giudiziaria, uno dei due mima l'uso della pistola per indicare ciò che «ci vorrebbe» contro chi ha parlato. E poi c'è la consapevolezza di come andavano le cose, della pressante omnipresenza della politica. Scrive il giudice Giuseppe Cario a corredo dell'applicazione delle misure degli arresti domiciliari per Rainone ed Esposito: «...in questo contesto emerge come non solo tra i beneficiari della procedura concorsuale si siano mossi gli indagati, ma anche rispetto ai vertici Asl». Dirimente ciò che si dicono l'allora direttore generale della Asl, Giorgio Casati, e un non meglio identificato «Bruno». Il primo si lascia andare a giudizi pesantissimi un po' su tutti facendo emergere come il veleno scorresse a fiumi dentro l'azienda e fosse noto il condizionamento politico.

Casati esprime un giudizio terribile sul consigliere regionale di Forza Italia, Giuseppe Simeone: «... sta facendo di tutto perché lui si deve vendicare... continua a scrivere due, tre note al giorno, lì ci vorrebbe un politico serio che lo massacra e poi quello lì va denunciato perché è un camorrista, un vero camorrista, quindi...». Di Claudio Rainone a febbraio, ossia quando questi era già capo dell'Unità di reclutamento e aveva svolto i due concorsi, il manager Casati dice: «Rainone ha fatto carriera, adesso è direttore amministrativo, è perché lui fa tutti i piaceri e quindi è assolutamente funzionale alla politica». E poi c'è Giuseppe Visconti, direttore generale facente funzioni. Casati ne ha pure per lui: «...lo tengono per le palle per N ragioni, quindi adesso la politica sta dilagando, la gente non esce neanche dagli uffici, mi raccontavano, per non farsi inculare... mi han fatto ieri un provvedimento.. mi son sentito male, io sarei andato giù a Latina, avrei preso un bastone dallo in testa a questi coglioni di politici bastardi, cioè.. la persona più malfidata, scorretta, ladrona che ce l'hanno messa lì». Tutta questa roba ovviamente il manager la confida solo al fantomatico «Bruno» poiché non ha mai denunciato alcunché pubblicamente, men che meno si sono mai visti esposti per latrocini degli evocati «ladroni». Il fatto che il numero uno della Asl di Latina ritenesse che il numero due, ossia Giuseppe Visconti, non fosse capace di assolvere le sue mansioni perché in balia dei «poteri forti» basterebbe, anche da solo, a rappresentare il concetto riassuntivo di come stava messa in salute l'azienda che si deve occupare della salute di tutti.