Per due volte la Procura aveva chiesto l'archiviazione. Nei giorni scorsi, a seguito dell'opposizione della parte offesa e dopo che il giudice Giuseppe Cario aveva sciolto la riserva, è stata chiusa l'inchiesta per cinque dipendenti di una banca. Sono accusati di appropriazione indebita nei confronti di un imprenditore pontino di 82 anni che aveva chiesto alla Procura l'esercizio dell'azione penale.
La denuncia era stata presentata il 17 novembre del 2017 e in una dettagliata ricostruzione dei fatti, la parte offesa aveva sostenuto che l'istituto di credito senza alcun titolo esecutivo si era appropriato di una somma di denaro. In base ai fatti contestati, dopo la concessione di una garanzia personale nei confronti della società dell'imprenditore, una srl, a fronte di un mancato pagamento di alcune rate di finanziamento dell'azienda, la banca si era appropriata di somme di denaro depositate anche sul conto corrente della moglie dell'imprenditore.
Dopo che erano scattate le indagini, la Procura aveva presentato in due occasioni la richiesta di archiviazione, sottolineando che per la contestazione dell'appropriazione indebita era necessario un profilo specifico di dolo.
Era stato il giudice Giuseppe Cario ad accogliere la prospettazione dell'imprenditore pontino, rappresentata dall'avvocato Oliviero Sezzi e a sostenere che sussistono gli estremi per la configurabilità del reato contestato, in quanto la banca senza essere in possesso di alcun titolo che legittimasse l'operazione aveva messo le mani sui soldi, ottenendo in questo modo un profitto ingiusto. Invece secondo le osservazioni del gip, l'istituto di credito in questo caso avrebbe dovuto avere un atto che giustificasse l'operazione mettendo sia l'imprenditore che la moglie nelle condizioni di difendersi nelle sedi giudiziarie più opportune. Il giudice aveva rigettato la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura disponendo sul registro degli indagati il nome di cinque funzionari di banca. L'oggetto dell'inchiesta riguardava infatti l'operazione portata a termine dall'istituto di credito per un parziale inadempimento di soldi di un finanziamento di 600mila euro. Era stata una decisione senza motivo, aveva sottolineato anche lo stesso magistrato; in base agli atti infatti non ci sono gli estremi e neanche le giustificazioni per bloccare i conti e prendere alla fine i 22mila euro. Insomma la rilevanza di questa vicenda non è civilistica ma penale, come aveva sottolineato il magistrato in una ordinanza.