Doveva essere un'udienza di routine o quasi quella del processo «Don't touch 2» di ieri pomeriggio e invece un evento imprevisto ne ha fatto terreno di scontro sui diritti. Il dibattimenti si è infatti aperto alla stessa ora in cui iniziava il rito funebre di Giuseppe Travali, padre dei due principali imputati ossia Angelo e Salvatore Travali, entrambi collegati con l'aula dal carcere in cui si trovano detenuti. Clima surreale pur senza tensioni nell'aula di Corte d'assise del Tribunale di Latina per una coincidenza, persino al minuto, che ha inciso moltissimo. Il collegio di difesa si è unito alla richiesta del legale di Salvatore Travali, l'avvocato Giancarlo Vitelli, che aveva chiesto al collegio, presieduto dal Presidente del Tribunale Caterina Chiaravalloti, un rinvio da concedere in considerazione del fatto che in quei minuti era in corso la messa del funerale di Giuseppe Travali nella chiesa di San Luca a Latina; la pubblica accusa, rappresentata dai sostituti De Lazzaro e Taglione non si è opposta ad un rinvio rimettendosi alla decisione del Tribunale, che in seguito alla camera di consiglio ha rigettato l'istanza della difesa ritenendo che la contemporaneità del rito funebre non fosse causa di legittimo impedimento.

Ai fratelli Travali non era stata comunque concessa l'autorizzazione ad essere presenti in chiesa ieri pomeriggio. In questo processo i due fratelli insieme ad una sfilza di altri imputati, tra cui Costantino Di Silvio detto Cha Cha, anch'egli collegato dal carcere, Gianluca Tuma e Francesco Viola più altri rispondono di intestazioni fittizie di beni e delle minacce al giornalista de Il Messaggero Vittorio Buongiorno e del blogger Matteo Palombo. Nel corso dell'udienza di ieri è proseguita l'escussione di uno dei testi della Procura, ossia l'ispettore Beneduce, che ha illustrato una serie di intercettazioni telefoniche nel corso delle quali si parlava delle contestate intestazioni fittizie. L'informativa di «Don't touch», che include anche questo secondo filone, contiene un allegato di oltre 13mila intercettazioni telefoniche e ambientali che supportano la descrizione di un gruppo criminale che, almeno fino al 2015, dominava ogni settore economico e sociale della città, al punto da arrivare a condizionare la libertà di espressione. Sono per questo costituite nel giudizio sia la Federazione Nazionale della stampa Italiana che l'Associazione Stampa Romana.

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