Cinque condanne per pene complessive di 20 anni di reclusione nei confronti degli imputati del processo Bellavista che ieri si è concluso in Tribunale. Le accuse contestate dagli inquirenti - sulla scorta delle indagini condotte dalla Squadra Mobile - avevano portato alla scoperta di un giro di droga a Latina e all'esecuzione delle misure restrittive. In aula davanti al giudice Mario La Rosa ha retto pienamente l'impianto accusatorio e ieri è stata messa la parola fine all'inchiesta con il giudice che ha emesso la sentenza al termine della camera di consiglio. Queste le condanne: sei anni di reclusione per Marco Costanzo, 46 anni di Latina, ritenuto il braccio destro di Nazzareno Di Giorgio, 51 anni, residente nel capoluogo, ritenuto dagli inquirenti il leader del gruppo; per lui la pena è di cinque anni e sei mesi, di reclusione. Condanna di cinque anni e quattro mesi per Mario Guiglia, 52 anni di Latina, un anno e dieci mesi per Andrea Reale, 47 anni di Latina ed Emiliano Valenti, 46 anni di Cisterna, per quest'ultimo la pena è sospesa. Dopo le richieste nel corso della precedente udienza del pm Daria Monsurrò titolare del fascicolo e le arringhe del collegio difensivo composto dagli avvocati Oreste Palmieri, Oliviero Sezzi, Leonardo Palombi, Mauro Padula e Amleto Coronella, il giudice è entrato in camera di consiglio ed è uscito con il dispositivo. Tra novanta giorni si conosceranno le motivazioni della sentenza ed è scontato il ricorso in Appello.
L'operazione Bellavista era nata a seguito di un attentato all'indirizzo dell'auto di Marco Costanzo: l'episodio era avvenuto nel marzo del 2019 e indagando su quel messaggio intimidatorio, gli agenti della Squadra Mobile avevano ricostruito un giro di cocaina che aveva portato a Nazzareno Di Giorgio. Nel provvedimento restrittivo firmato dal giudice Giuseppe Cario, il magistrato aveva annotato nella misura una circostanza singolare: il ritardo con il quale la notte dell'attentato era scattato l'allarme alla polizia: almeno un'ora dopo i fatti. E così che gli investigatori hanno iniziato a monitorare l'attività di spaccio da cui è emersa una clientela molto variegata riconducibile al ceto medio del capoluogo. In questo modo gli inquirenti hanno ricostruito le modalità della cessione della droga anche con l'ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, a distanza di due anni dai fatti contestati e un anno dopo gli arresti, il processo di primo grado si è concluso. Era stata la Procura a chiedere il giudizio immediato una volta che il Tribunale del Riesame aveva confermato per cinque indagati l'impianto accusatorio, a seguire la strada processuale del collegio difensivo si era indirizzata verso il rito abbreviato, un giudizio che prevede la riduzione di un terzo delle pena alla luce degli elementi raccolti in fase di indagini preliminari.