Nella maxi inchiesta che ha permesso alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo di smantellare gruppi criminali siciliani dediti al traffico di stupefacenti, quella di Pietro Canori viene considerata una delle figure più importanti, sia per il ruolo che incarna di broker della cocaina, ma anche e soprattutto per la portata dei rapporti che intrattiene con i gregari di Michele Vitale, figlio del capomafia Vito detto Fardazza e considerato al vertice del mandamento di Partinico che faceva affari proprio con la droga, attraverso la gestione di partite ingenti. È in questo contesto che è maturata, per il settantenne pontino originario di Priverno, l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa oltre che di avere preso parte all'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

Monitorando il gruppo "Fardazza" tra la primavera e l'estate del 2018, i Carabinieri si sono ritrovati ben presto a intercettare le telefonate tra i subalterni più fidati di Michele Vitale e lo stesso Canori. Sin da subito emerge la caratura criminale di quest'ultimo proprio dal tenore delle conversazioni. Della serie, il narcotrafficante pontino è uno che si fa pregare per portare a termine un affare con i siciliani: si dimostra piuttosto stizzito del fatto che i gregari di Vitale siano tanto avveduti da parlare di affari illeciti per telefono e più volte rimanda l'invito a recarsi in sicilia per gli accordi sui traffici di droga, chiedendo di essere raggiunto nel Lazio. Eloquente quanto vuole intendere quando si sfoga così con Rita Santamaria, donna di fiducia del capo mandamento delegata proprio ai rapporti con lui: «Senti ma io non posso venire là che ciò la malaria (bestemmia) devo portare la malaria?» lasciando chiaramente intendere di essere un personaggio che attira troppo facilmente l'attenzione degli investigatori. Poi convince i siciliani a dissimulare i traffici illeciti fingendo la compravendita di vini.

Dopo tutto Pietro Canori è uno di quei personaggi che hanno contribuito a fare del territorio pontino uno dei centri nevralgici, in Italia, per i traffici di cocaina, avviando al business internazionale della droga una generazione di criminali pontini che hanno continuato ad affiancarlo anche di recente. E in effetti l'indagine dimostra chiaramente che Canori non è autonomo in questi affari, ma deve rendere conto anche ad altri, sebbene l'inchiesta non abbia coinvolto direttamente altri personaggi a lui legati. In una conversazione telefonica intercettata nel giugno di tre anni fa, in un tira e molla di chiamate con i siciliani che insistono per chiudere la trattiva per la compravendita di cocaina, lo stesso settantenne, annotano gli inquirenti «riferiva che ancora non aveva incontrato una persona siccome ricoverata in ospedale perché sottoposta ad un intervento chirurgico e che, comunque, l'avrebbe vista il giorno successivo.