Centosei anni e otto mesi: questa la condanna complessiva inflitta ieri a dieci dei ventidue imputati dell'inchiesta Touch&Go, accusati, a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione di armi e materiale esplodente, lesioni, minacce e violenza, aggravata dal fatto di aver agito con metodo mafioso. Quest'ultima aggravante, però, è stata esclusa, così come avevano richiesto gli avvocati difensori. Un piccolo sconto rispetto ai centoundici anni complessivi chiesti dal Pm al Gup del Tribunale di Roma, Angela Gerardi, che però ha riguardato soltanto cinque dei dieci imputati, tutti processati col rito abbreviato, come richiesto dagli avvocati difensori. La condanna più pesante è toccata a Domenico Scotto, ritenuto insieme al fratello il capo della organizzazione che operava soprattutto sul territorio di Minturno. Al boss campano sono stati inflitti diciotto anni e sei mesi, un anno e mezzo in meno rispetto alla richiesta del Pm. L'altro provvedimento pesante ha riguardato il minturnese Stefano Forte, condannato a diciotto anni e due mesi, sei mesi in meno rispetto alla richiesta. Sconto di un anno e quattro mesi anche a Raffaele Scotto, nei confronti del quale la pena è di sedici anni e otto mesi.

Altri due componenti della banda, i napoletani Amedeo Prete e Michele Aliberti, sono stati colpiti da condanne di rilievo; per il primo il Tribunale ha stabilito una pena di diciassette anni (quattro in meno della richiesta), mentre per il secondo non c'è stata alcuna riduzione con una condanna a sedici anni e otto mesi. Tre anni ciascuno per i campani Valentino Sarno, Massimiliano Mallo e Walter Palumbo, mentre lo scaurese Carmine Brancaccio dovrà scontare otto anni e quattro mesi, così come richiesto dal Pm. La pena minore è stata inflitta a Diego Camerota di Scauri, condannato a due anni e quattro mesi; in questo caso c'è stato un aumento della pena rispetto alla richiesta del Pm, fissata a due anni per le attenuanti generiche. Una sentenza che complessivamente supera il secolo e contro la quale si appelleranno gli avvocati difensori, che hanno annunciato già il ricorso. Il collegio di legali, composto, tra gli altri, da Pasquale Cardillo Cupo, Domenico Dello Iacono, Mario Pasquale Fortunato, Massimo Signore, infatti, intende presentare ricorso alla sentenza che ha colpito i dieci componenti di un gruppo che, secondo l'accusa, voleva imporre il controllo dello spaccio di droga nel territorio di Minturno e zone limitrofe. Il processo si è tenuto nell'aula bunker di Rebibbia a Roma e l'ultima udienza si era svolta verso la fine di giugno, con la discussione della posizione degli ultimi quattro indagati: i fratelli Domenico e Raffaele Scotto, Massimiliano Mallo e Amedeo Prete.

I legali dei quattro imputati, così come avevano fatto in precedenza i loro colleghi, hanno cercato di ridimensionare il quadro accusatorio rivolto ai loro assistiti e in particolare l'associazione a delinquere e l'aggravante del metodo mafioso. Ma il loro tentativo, almeno per ora, ha portato ad un successo parziale, visto che l'aggravante mafiosa è stata esclusa. L'obiettivo ora è cercare di alleggerire le accuse che sono state contestate ai dieci imputati, che, come si ricorderà, insieme alle altre persone coinvolte, furono arrestati il primo luglio dell'anno scorso dal blitz dei Carabinieri