«L'omicidio Moro è un tassello all'interno di una faida tra clan rivali. E' diretto al controllo del territorio dal punto di vista criminale in ordine al quale il potere viene stabilito a mezzo di delitti e vendette trasversali». E' un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare sull'esecuzione di Largo Cesti avvenuta la sera del 25 gennaio del 2010. Era stata la risposta all'attentato avvenuto poche ore prima in via del Pantanaccio ai danni di Carmine Ciarelli. Nel provvedimento restrittivo gli inquirenti ripercorrono dei fatti di sangue che sono legati tra loro: oltre all'omicidio Moro, gli investigatori hanno preso in esame anche l'omicidio di Fabio Buonamano, ucciso il 26 gennaio, e il tentato omicidio di Gianfranco Fiori, presunto autore dell'attentato di via del Pantanaccio, condannato in primo grado e poi assolto in Corte d'Appello per non aver commesso il fatto. L'agguato a Fiori, programmato a giugno del 2010 al Lido di Latina, era stato sventato dagli investigatori. Questi episodi infatti hanno rappresentato la risposta - secondo il ragionamento dei pm - per acquisire il pieno controllo delle attività criminali.

«Era intendimento di Moro - scrive il giudice nell'ordinanza - acquisire il pieno controllo delle attività criminali sulla piazza di Latina esautorando le famiglie rom dei Ciarelli e dei Di Silvio». E in questo scenario storico e investigativo, l'Antimafia ha sostenuto che Moro, una volta rientrato dal Venezuela nel 2005: «Aveva l'intento preciso di far valere il proprio peso criminale». Nelle dichiarazioni rilasciate da Andrea Pradissitto, indagato e arrestato per l'omicidio e che ha scelto di collaborare con la giustizia, emerge un particolare relativo alle modalità della reazione dopo l'agguato al Pantanaccio. «Se avessimo dato una risposta immediata - ha detto Pradissitto - riferendosi alle parole di Ferdinando Macù Ciarelli - saremmo diventati i padroni di Latina. Già noi eravamo i padroni di Latina ma con quella risposta saremmo diventati i padroni incontrastati su tutto». La sera del 25 gennaio la Squadra Mobile, con il supporto degli esperti della Scientifica, ha ricostruito gli spostamenti degli arrestati per l'omicidio che portano a posizionare in un orario compatibile con l'esecuzione diverse utenze telefoniche, riconducibili agli indagati in Largo Cesti, in una fascia oraria compresa tra le 21,15 e le 21,24. «Gli spostamenti, la tempistica e i contatti tra loro, non possono essere evidentemente casuali ed avvengono in un lasso temporale così ristretto e proprio in concomitanza con l'omicidio - ha messo in luce il magistrato nell'ordinanza - e che possono essere definiti idonei a commettere il delitto. E poi, alcuni dei soggetti esaminati partono da punti diversi della città, si incontrano in una zona compatibile con quella dell'omicidio e vanno via subito dopo seguendo percorsi diversi».