Sono irreperibili i genitori accusati di aver maltrattato il figlio perché omosessuale. L'uomo e la donna, entrambi di origine straniera e che hanno 53 e 49 anni, sono accusati di aver minato l'integrità psicologica del figlio con una serie di condotte reiterate che hanno portato ad una inchiesta.

Il ragazzo all'epoca dei fatti aveva 15 anni, una volta che il padre e la madre hanno capito il suo orientamento sessuale hanno cercato di fargli cambiare idea portandolo anche in un luogo di culto e di fronte al rifiuto del giovane, nei giorni successivi e per almeno due anni - come sostenuto nella denuncia - il padre lo ha picchiato a pugni e la madre invece come ha messo in rilievo il pubblico ministero Antonio Sgarrella nel capo di imputazione ha usato una cinta.

L'inchiesta è stata chiusa e nel frattempo è stata fissata la data dell'udienza preliminare davanti al giudice Giorgia Castriota e in quell'occasione a dicembre il magistrato deciderà se rinviare o meno a giudizio l'uomo e la donna con un'accusa pesante nei confronti del figlio che ha vissuto anni di inferno, come è emerso anche nella ricostruzione.

Il ragazzo era rimasto traumatizzato dagli episodi avvenuti tra le mura domestiche. Il magistrato ha chiesto il rinvio a giudizio sostenendo che: «I genitori venuti a conoscenza dell'omosessualità del proprio figlio e non tollerandola lo hanno indotto a desistere dal suo orientamento sessuale e al suo rifiuto anche in altre occasioni, lo hanno percosso». Gli inquirenti hanno trovato anche il nesso dell'abitualità, cristallizzando grazie ad una serie di accertamenti, tra cui le dichiarazioni rilasciate da due testimoni, un unico disegno criminoso che secondo quanto è emerso nel corso delle indagini, si è protratto per quasi due anni e mezzo: dal 2017 al maggio del 2019.

Il giovane che viveva insieme alla famiglia vicino Latina, dopo il coming out e dopo le minacce e le umiliazioni, ha trovato la forza di uscire allo scoperto e denunciare tutto in Procura. «Con una pluralità di azioni vessatorie, morali e fisiche hanno maltrattato il figlio - ha scritto il pm nel capo di imputazione - ponendo in essere una condotta abituale con più azioni che se realizzate in momenti successivi, sono risultate collegate da un nesso di abitualità. L'unica intenzione era quella di ledere l'integrità morale e fisica del ragazzo da rendere impossibile la convivenza».