«Il territorio pontino con il suo capoluogo si caratterizza per la presenza diversificata di organizzazioni criminali espressione di qualificatissime proiezioni soprattutto di camorra e ‘ndrangheta che convivono, e all'occorrenza fanno affari, con quelle autoctone». Comincia così il lungo paragrafo su Latina nella relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia pubblicata ieri. Ci sono molti nomi ricorrenti nel dossier uniti a fatti già oggetto di indagine messi in fila dentro un'analisi che purtroppo conferma il trend degli ultimi anni, ossia la rappresentazione di un territorio sotto assedio di diverse organizzazioni, con impatto evidente sia in ambito economico che sociale. Spicca su tutti, per quanto concerne il capoluogo, il calibro dei Di Silvio, al centro dei due processi Alba Pontina.
«Nel composito quadro criminale della provincia, - si legge nel rapporto - opera da anni una delinquenza organizzata locale saldamente rappresentata soprattutto nel capoluogo dal clan Di Silvio, la cui cruenta operatività (gambizzazioni, tentati omicidi e atti intimidatori di vario genere) può a tutti gli effetti essere ricondotta ai canoni dell'azione mafiosa».
Il patto
Viene altresì sottolineato che l'allure criminale dei Di Silvio sul territorio pontino ha consentito loro di intraprendere ottimi rapporti economici e di collaborazioni con altre realtà, anch'esse di calibro elevato che sciamano nella stessa zona. Emblematico cosa è accaduto con le ‘ndrine arrivate a Latina e alle quali è dedicato un focus specifico. Questo: «La mafia calabrese è da tempo saldamente rappresentata a nord e a sud del capoluogo pontino da soggetti che rispondono a ‘ndrine storiche come i Bellocco, i La Rosa-Garruzzo, i Tripodo, gli Alvaro, gli Aquino-Coluccio, i Commisso e i Gallace. Ad Aprilia, in particolare, sono presenti anche esponenti della famiglia Gangemi notoriamente vicina ai reggini De Stefano. Particolarmente significativo proprio in tale contesto un decreto di sequestro - si legge nella relazione - eseguito il 27 luglio 2020 dalla Guardia di finanza nei confronti di un reggino da anni residente nella provincia pontina e gravato, sin dagli anni ‘90, da diverse sentenze di condanna definitive».
I vicini di casa
Tuttavia è sempre la colonizzazione dei clan campani uno degli aspetti più importanti di tutte le analisi sulla presenza della criminalità organizzata sul territorio, in talune città del sud pontino ormai stratificata nel tempo. Viene, tra l'altro, dato per scontato il riciclaggio di denaro nei «settori dell'edilizia e del commercio soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione» da parte di clan camorristici del casertano «facenti capo in particolare ai casalesi (storicamente rappresentati dai Bardellino, dai Bidognetti e da altre componenti del pericoloso cartello casertano) e ai Moccia, ai Mallardo, ai Giuliano e ai Licciardi». Si tratta di famiglie presenti in quello spicchio di Europa che è l'area tra Terracina e Formia. In questo momento il clan più preoccupante è quello dei Licciardi per il loro «saldo posizionamento nel narcotraffico».
Il riciclatore
Una delle ultime operazioni dei carabinieri ha inoltre provato la presenza a Scauri del clan Gallo, già peraltro radicato nella vicina Santi Cosma e Damiano. La relazione dà infine conto della individuazione, per la prima volta, di una figura simbolo del riciclaggio di denaro, quella di Pasquale Pirolo, indagato nel procedimento Dirty Glass, «un soggetto che fungeva da mediatore e ritenuto luogotenente degli Zagaria», intendendo la galassia familiare e amicale che tuttora agisce per conto di Michele Zagaria, il capo del clan dei casalesi «in carica» nonostante sia in carcere a Tolmezzo, luogo dal quale, secondo un processo tuttora corrente davanti al Tribunale di Napoli nord, continua a guidare l'organizzazione. Questa l'accusa. Fatto è che non esistono successori al momento.
Contromisure
Primi effetti positivi arrivano però dalle interdittive antimafia definite nella relazione «particolarmente significative» in quanto emesse in due settori fragili, ossia trasporto e movimento terra. «Per quelle riconducibili alla camorra, - si legge - i provvedimenti interdittivi hanno riguardato i settori dell'edilizia stradale, del movimento terra, degli autotrasporti e dell'agroalimentare laddove sono stati rilevati interessi riconducibili ai casalesi».