I giudici della terza sezione della Corte d'Appello di Roma hanno emesso la sentenza per i cinque imputati, accusati di traffico di sostanze stupefacenti. L'operazione del Goa della Guardia di Finanza era scattata nel luglio del 2020 tra Latina e Sezze e aveva portato al sequestro di 22 chili di cocaina per un totale di quasi 100mila dosi. Alcuni imputati avevano presentato una richiesta di concordato (una forma di patteggiamento in Corte di Appello che permette di chiudere definitivamente il processo) a sei anni che è stata respinta dal Procuratore generale mentre è stata accolta per la pena di sette anni. L'impianto accusatorio è rimasto integro in secondo grado, sulla scorta degli elementi raccolti dagli investigatori che avevano sequestrato la cocaina su un tir proveniente dall'estero. Una volta che erano state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado emessa lo scorso aprile, il collegio difensivo ha impugnato le condanne e nei giorni scorsi a Roma si è svolta l'udienza con l'intervento della pubblica accusa e delel difese.

Il presidente Giancarlo De Cataldo alla fine ha emesso la sentenza per Antonio Susca, 36 anni e Luca Colannino di 29 anni, entrambi di Brindisi che erano sul mezzo bloccato dai finanzieri. In primo grado il giudice del Tribunale di Latina li aveva condannti a 10 anni, in Appello la pena è di 7 anni e 30mila euro di multa. Stessa pena anche per Giuseppe Purita, 48 anni di Latina, e per Sebastiano Campisi, 43 anni, anche lui del capoluogo. Pena di 4 anni infine per Riccardo Sarallo. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Palmieri, Fiore, Oropallo, D'Aloisi, Iacoacci, Barillà, Vittori.
«La destinazione della droga a terze persone appare certa tenuto conto - aveva messo in evidenza il magistrato nelle motivazioni della sentenza di primo grado - del notevole quantitativo oltre che dei mezzi anche delle modalità adoperate», aveva scritto il giudice Giuseppe Molfese.
In base alle indagini condotte dal team della Guardia di Finanza, specializzato nel contrasto al traffico di droga, il camion con targa bulgara, era in possesso di Colannino titolare di una azienda di trasporti con sede all'estero mentre Purita avrebbe chiesto a Riccardo Sarallo di usare il piazzale della sua azienda per scaricare un carico.