Era stato arrestato nell'ambito di una operazione antidroga scattata vicino Latina nel 2012. Era finito in carcere per sette mesi, poi per otto mesi aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Era stato condannato a cinque anni e infine assolto. Adesso è arrivato il risarcimento per lui che è stato giudicato innocente dai giudici della Corte d'Appello di Roma. La detenzione è stata ingiusta. E' la storia di un operaio di 43 anni, difeso nel procedimento dall'avvocato Moreno Gullì, coinvolto in un blitz che aveva portato in un capannone vicino al capoluogo dove erano stati sequestrati 20 chili di canapa indiana, un ingente quantitativo di marijuana per oltre 300mila dosi.
Nell'inchiesta erano finite anche altre due persone e il 43enne era stato arrestato in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Latina su richiesta della Procura. L'uomo era stato indagato perchè secondo l'accusa era coinvolto nella coltivazione della sostanza stupefacente. Erano stati i carabinieri del Comando Provinciale di Latina a condurre le indagini e in primo grado - al termine del processo che si era concluso in Tribunale - l'operaio era stato ritenuto colpevole e condannato alla pena di cinque anni di reclusione. In fase di indagini preliminari davanti al gip, aveva negato le accuse sostenendo che con le altre persone arrestate vi era un rapporto di parentela e che in effetti con uno degli indagati vi era stata una telefonata ma che non aveva niente a che fare con il traffico di droga. Nel corso dell'audizione l'uomo aveva respinto le accuse contestate, professando la sua innocenza; anche il ricorso al Tribunale del Riesame era stato rigettato e l'impianto accusatorio era rimasto integro.
In primo grado la condanna, poi una volta che sono state depositate le motivazioni della sentenza del collegio penale, il legale dell'uomo ha impugnato tutto presentando ricorso in Appello dove la sentenza è stata ribaltata.