Sono due e sarebbero due funzionari pubblici i nuovi indagati nell'ambito delle inchieste sul rogo che ha distrutto l'impianto della Loas Italia ad Aprilia nell'agosto dello scorso anno. E così i rami diventano tre. C'è un primo fascicolo che puntava a cercare di individuare gli autori dell'incendio doloso. Per questo ramo la Procura avrebbe deciso di chiedere l'archiviazione visto che non si sarebbero individuati sospetti, gli autori materiali. La seconda inchiesta è quella che vede indagati i soci della Loas, Alberto Barnabei, Antonio Martino e Liberato Ciervo. Le ipotesi di reato che la Procura esamina vanno dall'incendio colposo a reati in materia ambientale, in particolare lo smaltimento delle acque reflue e la gestione dei rifiuti. Che in quel sito vi fossero decisamente più rifiuti ammassati di quelli che probabilmente lo stabilimento fosse autorizzato a trattare sembra essere certo per gli inquirenti. Di tutt'altro avviso invece l'azienda che si è ritrovata lo stabilimento completamente distrutto e l'attività interrotta.

E quindi la terza inchiesta che deve far luce sulla parte documentale, sulle autorizzazioni e, sembra, sui rapporti di alcuni funzionari pubblici proprio con l'azienda apriliana. Dubbi enormi vennero subito sollevati su come uno stabilimento in funzione potesse essere sprovvisto di un sistema certificato e collaudato anti incendio. Il rogo infatti, potrebbe aver avuto via libera dal mancato funzionamento del sistema di prevenzione.

Qualora si arrivasse al processo, il sindaco di Aprilia ha annunciato che la città si costituirà parte civile, ma potrebbe non essere la sola. Il rogo infatti creò una colonna di fumo gigantesca e per giorni il territorio pontino, e non solo, ebbe a che fare con divieti e misure di tutela per il rischio di contaminazioni. Nel frattempo, a incendio domato, la situazione del sito resta di fatto immutata: nessuna bonifica.