Due anni di reclusione, rispetto ai due anni e otto mesi richiesti dal pubblico ministero. E' questa la sentenza emessa ieri dal giudice del Tribunale Mario La Rosa nei confronti di Valentina Travali, esponente dell'omonimo clan, coinvolta nell'inchiesta Reset. La donna ieri mattina è stata processata per la detenzione di una penna pistola che era stata ritrovata dalla polizia nel corso di una perquisizione domiciliare. Il reato contestato era quello di detenzione di arma da guerra perchè la pistola era stata modificata artigianalmente ed è per questo che gli inquirenti avevano contestato questa aggravante. L'arma era stata ritrovata in occasione del controllo relativo alla notifica dell'ordinanza di custodia cautelare dello scorso febbraio richiesta dalla Dda ed emessa dal Tribunale di Roma.

Ieri si è svolto il processo con il rito abbreviato, un giudizio previsto dal codice che prevede la riduzione di un terzo della pena in base agli elementi raccolti in fase di indagini preliminari. Dopo la richiesta del pubblico ministero Simona Gentile, in aula l'avvocato Alessia Vita ha chiesto l'assoluzione e in sub ordine la riqualificazione del reato in detenzione di arma comune. La pistola tascabile, carica, priva di matricola con una cartuccia calibro 22, poteva sparare. Gli investigatori della Mobile avevano trovato anche un centinaio di proiettili di vario calibro.