Nuova udienza ieri in Tribunale davanti al collegio penale del processo dell'operazione Scarabeo, condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Latina. Davanti ai pubblici ministeri Valentina Giammaria e Claudio De Lazzaro, è stato il turno della testimonianza dell'ufficiale dei carabinieri Michele Meola che si era occupato delle indagini e ha ricostruito la genesi dell'inchiesta che ha coinvolto anche un dipendente della Procura. L'alto ufficiale ha parlato di quando è iniziata la fuga di notizie per gli sgomberi al Colosseo fino alla scoperta delle altre condotte contestate agli imputati. L'investigatore si è soffermato sugli spostamenti e i movimenti del dipendente Francesco Santangelo che sono stati monitorati dopo che i carabinieri hanno piazzato un gps sotto ad un veicolo dell'uomo.
«La base del sodalizio era in via Ariosto», ha assicurato l'investigatore. «C'era un ufficio con un computer, una stampante, uno scanner e degli scaffali. Esisteva un sodalizio che permetteva a persone senza titoli di accedere a dei finanziamenti». In aula l'investigatore ha parlato di quando il dipendente si assentava dall'ufficio giudiziario, l'analisi è avvenuta analizzando il dispositivo inserito sotto la sua auto, le difese hanno contestato questo punto e hanno sostenuto invece che l'uomo non era stato monitorato tramite i classici appostamenti.
Alla fine al termine della lunga deposizione, il processo è stato rinviato al prossimo 12 novembre. In tutto erano state tredici le misure restrittive eseguite dai carabinieri del Nucleo Investigativo, non tutti gli imputati sono a processo: alcuni hanno scelto la strada del rito abbreviato, mentre per altri c'è lo stralcio.
Secondo l'accusa a vario titolo gli imputati hanno individuato persone a cui era negato l'accesso al credito e offrivano consulenze. Tra i reati contestati oltre all'associazione per delinquere c'è anche la truffa, la falsità materiale, la contraffazione oltre alla rivelazione di segreto d'ufficio e la corruzione.