Il recupero dei crediti di droga sempre lo stesso, la violenza pure, l'uso della caratura criminale immutabile. Eppure i fatti contestati sono del 2019 e parte del 2020, cioè quando era già accaduto molto nelle indagini sulla criminalità autoctona di Latina. C'era già stata Don't touch e sembrava fosse stata decapitata un'organizzazione dedita alle estorsioni in cui c'erano Costantino Di Silvio detto Cha Cha con i nipoti, i Travali. E c'era stata Alba Pontina, operazione che a giugno 2018 aveva posto fine al sodalizio di Campo Boario, solidissimo, con a capo il temuto Armando Di Silvio e tutta la sua famiglia. Invece non era finita. Perché le estorsioni sono proseguite più dure di prima e il metodo per convincere i tossicodipendenti debitori è rimasto quello della finta vendita di macchine che in realtà erano la merce di scambio, come avveniva già quindici anni fa ed è narrato nella sentenza Caronte, più volte richiamata pure questa volta. Dunque il potere delle due famiglie rom di Latina non muore mai. O si rigenera. Ritorna. E' l'araba fenice della storia criminale della città. Talvolta i componenti del gruppo, specie quelli più giovani si facevano dare poche centinaia di euro «giustificando» l'estorsione con la raccolta di fondi per i detenuti. Identico copione visto in Alba Pontina. E sempre ritorna l'allure del nome: «Siamo i Di Silvio.. siamo tanti e anche se ne denunci uno gli altri ti verranno a cercare.. siamo quelli della guerra criminale». Un mantra. Un marchio ormai. Che ha funzionato sempre e si potrebbe dire che ancora funziona, se, come emerge dall'ordinanza del gip di Roma, alcune delle contestazioni sono dell'autunno del 2019. Due mesi prima, a luglio, il Tribunale di Roma aveva emesso una sentenza durissima, quella di Alba Pontina 1, che descrive al millimetro il calibro dei Di Silvio di Campo Boario e il terrore che sapevano incutere in città, nelle piazze di spaccio, di cui si aveva una mappa precisa. E anche qui, in «Scarface», c'è la toponomastica del mercato della droga: viale Kennedy (case popolari), anello attorno al capoluogo, ossia Pontinia e dintorni, zona pub, forse la più contesa di tutte. Dunque i Di Silvio e i Ciarelli, i rom di Latina, si sentono a tutti gli effetti «padroni della città» e insistono nel contrastare qualunque penetrazione esterna di una criminalità «non rom», in una sorta di rivendicazione identitaria oltre che di dominio su Latina. Lo spiega bene proprio l'ordinanza di Scarface citando un'informativa della polizia del novembre 2020, in particolare il rapporto di osservazione del funerale di Giacinta Spada, moglie del capostipite Antonio Di Silvio. La donna muore il 19 novembre e vi prendono parte tutti i componenti della famiglia in libertà con le rispettive moglie, nipoti, cugini. Un paio di mesi prima era stato celebrato un altro funerale molto importante nell'ambiente criminale, quello di Erik D'Arienzo, figlio di Ermanno, detto Topolino, definito negli atti «personaggio di spicco della malavita pontina». La polizia segue anche quel funerale e registra la presenza di altri nomi eccellenti della criminalità locale: «i fratelli Maricca, Mario Nardone, Maurizio Santucci, Antonio Chinchio, Pietro Mazzucco, esponenti del cosiddetto gruppo criminale non rom». «Non può sottacersi - scrive il giudice che ha ordinato gli arresti di Scarface - la circostanza che questi due eventi non siano stati partecipati dai membri appartenenti al gruppo rivale, segno di una contrapposizione e rivalità tuttora esistente, figlia di tensioni e dissapori non ancora sopiti». I due funerali a breve distanza l'uno dall'altro, in modo casuale, raccontano di una rivalità e di un odio per il controllo degli affari illeciti che non è finito con la guerra del 2010 e, invece, resta presente anche nel momento del dolore, del lutto. Forse questa è la parte più difficile da digerire e da superare nell'analisi su cosa accade a Latina da venti anni a questa parte. La guerra criminale del 2010 è archiviata ma la guerra tra due imperi criminali che dominano in città è solo sopita.