Una condanna e due assoluzione. E' l'esito del processo «Certificato pazzo» che si è concluso ieri pomeriggio per gli imputati che hanno scelto il rito ordinario. Quattro anni di reclusione per Aldo Filippi, accusato di intermediazione nella corruzione per un certificato medico. Era difeso dall'avvocato Massimo Basile. Il pm Antonio Sgarrella aveva chiesto la condanna a cinque anni. Assoluzione per Fausta Mancini e Mary Lombardozzi, difese dagli avvocati Oreste Palmieri, Maurizio Faticoni e Lauretta Lanci. Nel corso della sua requisitoria il magistrato inquirente ha ricostruito i fatti e ha tirato le somme dell'inchiesta.
In aula nel corso del processo e della penultima udienza, avevano deposto anche alcuni consulenti della difesa che avevano sostenuto che le certificazioni rilasciate erano valide. Ieri pomeriggio alla fine dopo la camera di consiglio, il collegio penale composto dai giudici Gian Luca Soana, presidente, Fabio Velardi ed Elena Nadile ha letto il dispositivo. Scontato che una volta che si conosceranno le motivazioni della sentenza, la difesa di Filippi presenterà ricorso in Corte d'Appello.
Era stata la Procura a chiedere il giudizio immediato per gli imputati e durante il dibattimento chi ha scelto la strada del rito ordinario, ha sempre negato le accuse contestate. La tesi difensiva puntava sull'insussistenza di un patto corruttivo: questo elemento ha sempre rappresentato il cuore dell'inchiesta che aveva portato gli inquirenti a mettere una telecamera nello studio medico di Fondi dove lavorava il dottor Antonio Quadrino e a cristallizzare le condotte degli imputati. Le indagini hanno permesso di ricostruire una rete che da Latina arrivava a Fondi, fino a Terracina e poi a Monte San Biagio e Nettuno. L'inchiesta condotta dal pm Giuseppe Miliano era stata portata a termine dai carabinieri del Nas di Latina.