L'omicidio del giovane bracciante agricolo, consumato due settimane fa al culmine della spedizione punitiva nel casolare vicino Borgo Montello dove abitava, è stata solo l'ultima azione di forza di una lunga serie, nell'ambito di una strategia della tensione pianificata e alimentata costantemente da un gruppo criminale interno alla comunità indiana, un sodalizio feroce che puntava a soggiogare i propri connazionali trapiantati nella provincia pontina, sotto la guida di Jiwan Singh, commerciante di Borgo Bainsizza.
È quanto emerge in maniera sempre più chiara, grazie anche a una delicata attività d'indagine portata avanti dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia, i militari del tenente colonnello Paolo Guida che ieri hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare a carico di cinque persone, tutti cittadini indiani, già indagati e alcuni di loro detenuti, perché ritenuti i componenti del commando che ha picchiato e ucciso la notte del 31 ottobre in strada Monfalcone. Ora emerge che prima di quel fatto, erano tutti finiti al centro di un'inchiesta avviata per fare chiarezza su due episodi di violenza espressione dello stesso clima di assoggettamento.
L'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Pierpaolo Bortone, su richiesta del sostituto procuratore Daria Monsurrò, prevede il carcere per tre degli otto indagati totali, vale a dire Devender Singh di 39 anni, già dietro le sbarre per l'aggressione degenerata nell'omicidio, ma anche per Gurpinder Singh e Parampal Singh di 37 e 31 anni destinatari anche dei provvedimenti restrittivi dell'altra inchiesta, ma attualmente irreperibili. Inoltre l'ordinanza dispone gli arresti domiciliari per i primi tre, più Jiwan Singh di 38 anni, considerato il capo del gruppo criminale, e Ranjit Singh di 40 anni, a sua volta già detenuto per l'omicidio. Insieme ad altri due loro connazionali indagati a piede libero, sono indiziati a vario titolo dei reati di rapina in concorso, lesioni aggravate dall'utilizzo di armi improprie e al fine di ottenere l'impunità, tentata violenza privata aggravata perché commessa al fine di ottenere l'impunità, danneggiamento in concorso, minacce, lesioni aggravate dall'utilizzo di armi improprie e in concorso, tentata violenza privata in concorso e tentata violenza privata.
Il nuovo ordine di arresto è la conseguenza di un focus investigativo scaturito a cavallo tra la scorsa primavera e l'estate, ovvero in seguito alla brutale aggressione di due indiani, il 4 luglio scorso, che figuravano tra i testimoni di una rapina consumata ai danni di un loro connazionale due mesi prima, il 23 maggio. Dopo il secondo fatto, il capillare lavoro del Comando stazione di Campoverde ha permesso di comprovare l'esistenza di un vero e proprio gruppo criminale strutturato, all'interno della comunità indiana, che puntava al controllo degli immigrati residenti in tutta l'area nord della provincia, nel triangolo tra Latina, Cisterna e Aprilia. Un potere esercitato con minacce e spedizioni punitive pianificate con crudeltà per alimentare il peso delle intimidazioni e soggiogare le vittime.
L'indagine portata avanti con tecniche tradizionali, dai militari del maresciallo maggiore Massimo Pierini del comando stazione di Campoverde, che ha trovato la definitiva conferma con le perquisizioni effettuate ieri mattina: in casa di uno degli indagati a piede libero, sono state sequestrate le armi improprie descritte dalle vittime dei pestaggi. Parliamo di veri e propri strumenti di tortura, come un bastone di legno, un grosso martello da calzolaio e una frusta artigianale realizzata con una catena di trasmissione per bicicletta.