Svolgono un servizio tanto essenziale quanto delicato, ma gli operatori del soccorso sanitario si ritrovano a lavorare in condizioni sempre peggiori e non per colpa della pandemia. Ad agitare autisti di ambulanze, soccorritori e infermieri, sempre di più in questi giorni, è il trattamento loro riservato dal datore di lavoro, l'azienda privata che gestisce il pronto intervento sanitario per conto dell'Ares 118. In sostanza i lavoratori non vedono rispettati i diritti contrattuali, che oltretutto sono inferiori alle loro effettive mansioni, e non riescono a dialogare con l'azienda: una realtà in cui sono stati catapultati buona parte dei soccorritori impiegati nel servizio del capoluogo gestito dall'azienda capofila dell'appalto Heart Life Croce Amica, tra i quali di recente si sono aggiunti anche quelli assorbiti dopo l'esclusione di una delle società che componeva l'associazione di imprese aggiudicataria dell'appalto. Senza dimenticare che sono forse gli unici lavoratori del settore a non avere ottenuto un premio per il lavoro svolto finora durante la pandemia.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso della sopportazione è il ritardo nel pagamento delle retribuzioni, che in questi giorni è stato invece onorato dalle altre imprese dell'Ati a vantaggio dei rispettivi dipendenti. Ma il braccio di ferro tra lavoratori e azienda va avanti ormai da mesi, praticamente dall'inizio dell'anno, quando è stato definito l'assorbimento dei lavoratori, perché le retribuzioni, a partire dalle buste paga, sono inferiori rispetto a quanto stabilito dal contratto collettivo. Si sono mossi anche i sindacati, ma la Heart Life Croce Amica non ha ancora fornito i dati per il ricalcolo delle spettanze del primo semestre, di fatto rifiutandosi di avviare una conciliazione, e intanto gli stipendi continuano a essere erogati con sensibili riduzioni: l'azienda ha solo un referente di zona, ma non ha neppure una sede a Latina e non risponde alle email dei dipendenti, tantomeno alle pec.