Quando tutto è cominciato, quando Arpalo non era ancora un processo ma solo un'ipotesi. La polizia stava seguendo soltanto una traccia; si era infatti imbattuta in una società di nome «Arcobaleno» della famiglia Zampieri, che aveva una serie di forni e attività di panificazione in immobili e locali sparsi qui e lì, ma aveva anche una forte esposizione debitoria insieme agli immobili. Era il 2015, c'erano elementi che portavano in modo univoco allo studio del commercialista Pasquale Maietta e uno di questi elementi era la «Arcobaleno», la quale aveva una gemella in svizzera da cui era partita una procura speciale proprio per Maietta. La Arcobaleno era stata fondata nel 2000 e risultava amministrata da Paola Neroni, collaboratrice dello studio Maietta.
Con questa serie di indizi la squadra mobile ha iniziato a tessere l'indagine sul riciclaggio che porterà a scoprire le società gemelle svizzere e italiane utilizzate da alcuni degli imputati nel processo Arpalo.
E' questa la ricostruzione dell'incipit dell'inchiesta fornita nell'udienza di ieri pomeriggio da uno dei testi più importanti della pubblica accusa, ossia l'ex capo della squadra mobile Antonio Galante. Il legame tra Arcobaleno e Zampieri emerse anche in un'altra circostanza inerente la vendita di immobile a favore di Arcobaleno ma da parte di un'altra società. Galante nel corso delle testimonianza ha anche precisato quali furono le fasi salienti dell'accertamento del contestato riciclaggio verso la Svizzera.
Il primo fu sicuramente il suicidio dell'avvocato Paolo Censi, avvenuto nel dicembre del 2015 e che fu oggetto di verifiche della polizia, finalizzate solo alla dinamica del suicidio ma nel corso delle quali furono rinvenuti documenti divenuti subito parte importantissima delle prove del processo «Arpalo». Il secondo momento dirimente è stata la rogatoria condotta in Svizzera nel febbraio del 2016 dallo stesso Galante insieme al pubblico ministero che stava seguendo il caso.
L'obiettivo era appunto quello di chiedere gli atti per capire quali fossero i rapporti economici in essere.
Due momenti che hanno cambiato la sorte dell'indagine e che hanno consentito di arrivare al cosiddetto «livello superiore», quello che poi ha reso possibile mettere insieme i pezzi della rete del riciclaggio, pur contestato dalla difesa che finora ha sempre parlato di operazioni lecite di cui non si è riusciti (finora) a provare l'identità illecita né la provenienza illegale del denaro. Si può dire che con la testimonianza dell'ex capo della mobile il processo a carico dell'ex deputato Pasquale Maietta è arrivato ad uno dei suoi snodi cruciali.
Si torna in aula nell'udienza del 18 gennaio 2022 per proseguire l'escussione dei testi della Procura.