Marco Bianchi impiega 33 minuti prima di fare il nome di Willy. Marco è il primo dei quattro imputati a parlare, per la prima volta, davanti alla Corte d'assise di Frosinone, presieduta dal giudice Francesco Mancini, che sta giudicando lui, il fratello Gabriele, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia per omicidio volontario.
Quello andato in scena, come l'hanno definito gli avvocati Domenico Marzi, difensore insieme a Vincenzo Galassi della famiglia dell'aiuto cuoco di Paliano, e Massimo Ferrandino, costituitosi per il comune di Artena (per gli altri comuni ci sono Vincenzo Pastorino e Maurizio Frasacco), è stato uno «scaricabarile». Da una parte i fratelli Bianchi contro gli altri due imputati, dall'altra Belleggia e Pincarelli contro i Bianchi.
La versione dei fratelli Bianchi
È il pm Giovanni Taglialatela a interrogare Marco Bianchi. Il pubblico ministero gli chiede anche della Mma: «ho iniziato da quando avevo 9-10 anni. È uno sport come tutti gli altri». Il pm gli chiede conto del soprannome "Maldito, il maledfetto". «Era una voce», taglia Marco. Gli altri due imputati, li definisce non amici stretti.
Racconta poi della serata a Colleferro, la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 quando Willy è stato ucciso. «Penso a una scusa», dice parlando delle telefonate ricevute dagli amici per andarli a riprendere e che riferivano di una discussione. Racconta di essere tornato a velocità normale. È a quel punto che vede «un mucchio di persone. Allora ho pensato "non è che il mio amico sta litigando". Mi sono permesso di spingere, ma non con calci e pugni. Sono entrato in paura. Ho visto Omar. Stavano discutendo. Ho trovato quel ragazzo, Willy. Pensavo stava discutendo con Omar. Il mio istinto, sbagliato e da stupido, è stato dare una spinta e un calcio al fianco di Willy. Che è caduto sul marciapiede, ma non ha sbattuto contro la macchina. Poi Omar ha detto "non c'entriamo niente". Willy si è subito rialzato. Quando si è rialzato mi sono recato fuori. Il ragazzo è stato aggredito dopo. Ma Willy non l'avevo mai visto prima».
Proprio per questo il pm insiste con più domande: «Come fa a dire che fosse Willy?». Marco dice di averlo riconosciuto dalle foto. Su perché proprio Willy parla di un fraintendimento. «Ce lo avevo davanti». Il pm contesta che tutti i testimoni parlano di un primo calcio al petto di Willy. «Non l'ho colpito sul petto», insiste Marco. Quindi colloca Pincarelli e Belleggia dentro i giardinetti «a fianco di Omar, nel gruppetto che stava discutendo». Aggiunge che non ha immaginato la gravità dell'accaduto, altrimenti «non sarei salito in macchina» e che «Belleggia si è intrufolato così senza chiedere il passaggio».
Quindi descrive la scena in auto con l'amico Omar Sahbani «che attaccava Belleggia». Gli contesta di aver colpito Willy, di averlo fatto solo dopo l'arrivo dei Bianchi. «Ad Artena, ho detto ognuno si prenda la sua responsabilità». Nel mentre, su un'altro auto, arriva anche Pincarelli contro il quale si scaglia Omar. Quindi l'affondo: «Omar rinfaccia a Belleggia un colpo al collo e un colpo mentre Willy è a terra. Il terzo colpo lo prende Cenciarelli» e a Pincarelli «un colpo col pugno sinistro e un circolare, da karate, secco al viso. Quando il ragazzo si accascia dà il secondo colpo. Pincarelli dà 3-4 colpi sul petto, quando Willy era a terra». Per il pm ciò è «difficilmente conciliabile in 20 secondi».
Ricorda che solo alle prime ore del mattino avrà notizia della morte di Willy. E insiste: «Io ho detto la verità: se sbaglio io pago, non ho paura della galera. Gli unici che hanno detto la verità sono i Bianchi. Non mi sono mai nascosto dietro un dito. Mi rivolgo, se posso, alla famiglia Willy: è giusto, se sbaglio, che pago. Non posso nemmeno immaginare quello che stanno provando i genitori».
Pm gli contesta di aver omesso nell'interrogatorio al gip quanto hanno fatto gli altri. E Marco dice: «Pensavo fossero uomini io ho detto la mia verità non ho pensato agli altri. Poi accendo la tv e vedo "i Bianchi hanno causato la morte di Willy". E ho pensato qua non si sono presi la loro responsabilità. Ci hanno fatto passare per dei mostri». E aggiunge di aver atteso la giornata di ieri per parlare. Quando, infatti, la misura fu aggravata al secondo interrogatori, per scelta concordata con l'avvocato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Ero sicuro di me stesso ero sicuro che dai miei Dna non usciva nulla».
Al pm Francesco Brando che gli ricorda i testi, anche suoi amici, che lo accusano, replica: «Non capisco tutto questo accanimento, questa cattiveria». Sostiene che lo hanno accusato per paura.
Dopo due ore e mezza, concluso l'esame di Marco si passa a Gabriele Bianchi. Parte dal cimitero, dalla telefonata dell'amico Cerquozzi che lo invita a tornare «sta succedendo un macello, dice. Capiamo male purtroppo». All'arrivo è più staccato del fratello. Dice di percepire un primo colpo. «Guardo un ragazzo più piccoletto e uno piu alto che si mette davanti a Willy che con le mani "boni, boni"». Dichiara di averlo mal interpretato e di aver colpito Cenciarelli: «gli do un calcio al petto e cade contro una macchina. Mi appoggio al palo e lo faccio sbattere contro la macchina e indietreggia. Cenciarelli dice io non c'entro niente. Li ho realizzato che non avrebbe colpito mio fratello. Lì mi sono fermato, ma purtroppo l'ho colpito».
Il pm gli contesta che «tutti i testi dichiarano, chi lei e chi non sa, aver visto colpire con un calcio al petto Willy. Di fronte a questa quasi unanimità è sicuro?». Ma Bianchi resta della sua idea: «Hanno creato dei mostri cosa che non siamo. Ho visto persone che sono la feccia di Colleferro parlare male di noi».
Delle accuse di Tondinelli dice di non giudicarlo ma che «tantissimi miei amici hanno ricevuto minacce di morte». In quel momento mamma e sorella di Willy si prendono per mano. Gabriele accusa Belleggia «di un colpo da distanza ravvicinata, un calcio sinistro tra mandibola e orecchio e dopo quel calcio Willy cade a terra. Belleggia prende la rincorsa e dà un calcio al collo». Si dice «vicino al dolore della famiglia Willy. Io ho preso le mie responsabilità come Marco. Mi aspettavo da Belleggia avrebbe ammesso le sue». Conferma la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere nel secondo interrogatorio dopo che l'accusa era diventata di omicidio volontario.
«Forse ci hanno confusi», dice rivolto all'avvocato Massimilianmo Pica che con Mario lo difende (per gli altri due ci sono Vito Perugini e Loredana Mazzenga) a proposito delle accuse di aver dato il primo calcio. Quindi rivolto a Belleggia: «Piuttosto che dire la verità ci hai mandato in galera».
Parla Belleggia
Anche Francesco Belleggia si fa interrogare. Ricorda il litigio con Federico Zurma e dice di aver percepito un pericolo e per questo di averlo spinto facendolo cadere per le scale. «Non mi aspetto la sua caduta e me ne vado», ricorda. «La lite va a scemare. Facciamo pace». Arrivano «Cenciarelli e Willy che chiede a Federico se è tutto a posto. Willy indietreggia». Quindi i Bianchi: «Omar si butta su Marco e gli dice "non siamo noi fermati". Marco si dirige verso Willy e lo colpisce con un calcio. Willy si poggia sull'auto e non cade. Si rialza e riceve un altro calcio al petto e poi una serie di colpi». Da chi? Chiede il pm. «Da Marco. Anche Gabriele si affianca a Marco. E Gabriele si appoggia al palo e colpisce Cenciarelli». Nega di aver dato colpi a Willy o ad altri. Vede Willy con le «braccia scese. Incassa solo i colpi. Un pugno sinistro di Marco con Willy che cade sulle ginocchia e poi in avanti». E ancora: «Io scavalco Willy dalla parte dei piedi». Il pm gli chiede se si spiega il Dna di Cenciarelli sulle sue scarpe. «Escludo di aver toccato Cenciarelli». Il pm lo incalza: «Perché scappa nell'auto dei fratelli Bianchi». E Belleggia: «Decido istintivamente di scappare via con loro». Riferisce della discussione in auto: «Omar se la prende con i Bianchi dicendo che cosa avete menato a fare» e poi con lui. Il pm gli chiede conto di chi lo accusa di aver picchiato Willy a terra. «Non me lo so spiegare».
Le parole di Pincarelli
Solo Mario Pincarelli decide di fare dichiarazioni spontanee: «Arrivano i Bianchi ma io resto lì. Non vedo nessun colpo. Quando sto per andare via mi spingono e cado per terra con uno con un cappuccio e una felpa bianca e l'ho colpito con due colpi sul cappuccio». Ma non sa dire se è Willy. Quindi della caserma dice: «Sento tante volte dire a Belleggia "prenditi la responsabilità del calcio" ma non gli do importanza. Dopo scopro tutto». Precisa un'intercettazione con il padre: «mi sono rovinato per due pizze ho detto, non l'ho rovinato. Mi dispiace tanto per la famiglia Willy. È stata una disgrazia. Ho la coscienza pulita. Ho scritto anche delle lettere alla famiglia vorrei dire che mi dispiace».
La mamma di Willy
A fine udienza la madre di Willy commenta: «Non li odio. Il perdono devono chiederlo a loro stessi. Se riusciranno a farlo vuol dire che ci sarà anche un pentimento per quel che hanno fatto. Allora avrò la speranza che Willy non sia morto invano. Finché continuano a dire non ho fatto niente... ma Willy è morto. Spero ci sia un pentimento che io oggi non ho visto».