Il silenzio che arriva dal Tribunale del Riesame lascia intendere che l'impianto accusatorio nei confronti della gang indiana, coinvolta nell'omicidio di Borgo Montello in cui è stato ucciso un 29enne, abbia tenuto. Manca ancora l'ufficialità dei magistrati romani che difficilmente scioglieranno la riserva e si pronunceranno per quanto riguarda le esigenze cautelari alla scadenza del termine. La posizione più difficile è quella di Jiwan Singh, 38 anni, arrestato con l'accusa di omicidio e ritenuto il leader carismatico del gruppo che ha fatto irruzione in un casolare in via Monfalcone a Borgo Montello e ha ucciso Jagsheer Sumal Singh.
Come aveva sostenuto il gip Giuseppe Cario nel provvedimento restrittivo richiesto dal pubblico ministero Marco Giancristofaro titolare del fascicolo, gli elementi raccolti dai detective della Squadra Mobile sono stati molto concreti.
Nelle pieghe dell'inchiesta è emerso che l'uomo, che era andato a farsi refertare in ospedale a Velletri, aveva intenzione di lasciare l'Italia per far perdere le tracce. Il legale di Jiwan, l'avvocato Amleto Coronella, ha impugnato il provvedimento per il proprio assistito cercando di scardinare le accuse. Anche per gli altri connazionali, indagati per il reato di lesioni, la difesa ha presentato ricorso. Come è emerso nell'inchiesta e secondo la ricostruzione della Polizia, la sera del 30 ottobre in prima linea nella spedizione punitiva c'era Jiwan che ha dato degli ordini chiari ai connazionali. Dalle testimonianze raccolte è emerso il clima di grande soggezione e paura tra gli stranieri.
C'è una circostanza singolare che contestualizza i timori con cui la comunità indiana ha convissuto da tempo.