È arrivata l'assoluzione per Daniele Cacioppo di 34 anni di Borgo Podgora, arrestato sette anni fa per un ingente sequestro di fuochi d'artificio, più di tre quintali in tutto. Perché sebbene fosse consistente la scorta di materiale vietato che l'uomo custodiva all'interno di un garage, comunque doveva essere considerato per quello che è, ossia un insieme di prodotti esplodenti, non assimilati a veri e propri ordigni, oltretutto senza rischi per la stabilità del palazzo sovrastante al deposito, come invece gli era stato contestato inizialmente: lo ha stabilito ieri il giudice monocratico Francesco Valentini, accogliendo in pieno la tesi difensiva dell'avvocato Alessandro Marfisi.

La scoperta del deposito di fuochi d'artificio e botti illegali risale al 30 dicembre del 2014, quando i Carabinieri fecero irruzione nel garage che Daniele Cacioppo aveva affittato appositamente per lo stoccaggio del materiale in vista del Capodanno. Un totale di quasi cinque quintali di merce vietata, ossia 320 chili di polvere da sparo. Quantità ingenti che fecero scattare l'arresto, con il contestuale trasferimento in carcere, per l'uomo individuato come il responsabile di quel deposito. Quell'insieme di fuochi d'artificio legali e materiale vietato, ma pur sempre di natura pirotecnica, infatti, fu considerato esplosivo, quindi assimilato a ordigni bellici, rivestendo il carattere della micidialità tipica delle armi da guerra. Ne conseguiva anche l'accusa che una possibile esplosione, avrebbe provocato il crollo della palazzina adiacente al garage, o anche solo una parte di essa, configurando una situazione di pericolo per la pubblica incolumità. Fatto sta che all'epoca dei fatti, dopo la convalida dell'arresto Cacioppo fu scarcerato e un mese dopo venne disposto il giudizio immediato.

In aula le accuse iniziali non sono state suffragate da prove, mentre il legale di fiducia dell'imputato, l'avvocato Alessandro Marfisi, ha supportato la tesi difensiva con perizie tecniche di parte che hanno dimostrato come si trattasse di materiale esplodente e non ordigni micidiali, di fatto smontando anche il pericolo di crollo. Quindi sposando la tesi difensiva, il giudice ha disposto di non doversi procedere per l'intervenuta prescrizione del reato, dopo avere riqualificato la condotta nella fattispecie meno grave, ossia il possesso di materiale esplodente e non esplosivo, che prevedeva pene nettamente inferiori.