Sono stati assolti perchè il fatto non sussiste. Escono tutti di scena i sei imputati accusati di omicidio colposo per la morte di Massimo Bigonzi, 33 anni, elettricista di Borgo Sabotino, deceduto all'interno dello stabilimento Plasmon di Latina nell'ottobre del 2012. La vittima lavorava per conto di una piccola azienda specializzata in lavori di carattere elettrico ed edile. Ad uccidere l'operaio - secondo l'accusa come è emerso anche in sede di autopsia - è stata una scarica da una cabina elettrica interna alla Plasmon, per cui Bigonzi era stato chiamato per un intervento: cambiare una lampada al neon. A distanza di oltre nove anni dalla tragedia, ieri pomeriggio il giudice monocratico del Tribunale di Latina Francesco Valentini ha emesso la sentenza di assoluzione per dirigenti, imprenditori e manager all'epoca dei fatti, a fronte di una richiesta formulata dal pubblico ministero Valentina Giammaria nel corso della sua requisitoria di condanna tra i tre anni e sei mesi e i quattro anni di reclusione. Oltre all' omicidio colposo erano state contestate anche violazioni in materia di sicurezza.
Dopo l'intervento del magistrato, in aula la parola è passata al collegio difensivo composto dagli avvocati Leone Zeppieri, Alessandro Paletta, Perla Sciretti, Carlo Melzi D'Eril e Roberto Losengo, che hanno scardinato l'impianto accusatorio chiedendo per i propri assistiti l'assoluzione alla luce di quello che è emerso nel corso del processo. E' una prospettazione che è stata pienamente accolta dal giudice che al termine della camera di consiglio ha letto il dispositivo. Tra novanta giorni si conosceranno le motivazioni della sentenza. Il dramma si era consumato il tardo pomeriggio del 26 ottobre del 2012: Bigonzi era morto folgorato mentre stava eseguendo dei lavori. Sotto inchiesta erano finiti imprenditori, tecnici e dirigenti d'azienda residenti tra Roma, Latina, La Spezia, Cisterna e Bilbao in Spagna. Nel capo di imputazione la Procura ha sostenuto che «Bigonzi era andato da solo e privo di idonei dispositivi di protezione in un locale per sostituire una lampada e a causa di un contatto con le linee elettriche dell'alta tensione era rimasto gravemente folgorato». In aula nel corso del processo sono comparsi diversi testimoni, alcuni dei quali hanno sostenuto che nell'azienda erano state rispettate tutte le procedure di sicurezza per la prevenzione degli incidenti. Stesso discorso anche per i protocolli relativi alla valutazione di ogni minimo rischio. Le indagini per accertare eventuali responsabilità penali erano state condotte dai carabinieri del Comando Provinciale di Latina e dal personale specializzato della Asl. Era emerso infine che l'uomo era stato trovato senza vita alcune ore dopo il dramma.
Nel febbraio del 2016 al termine delle indagini era stato il giudice per l'udienza preliminare Mara Mattioli a rinviare a giudizio le sei persone, accogliendo la richiesta della Procura. Ieri il processo si è concluso.