Chi poteva capire se Erik D'Arienzo era stato colpito in modo grave o era caduto per un incidente? Intorno a questo quesito è girata gran parte dell'udienza che si è tenuta ieri pomeriggio in Tribunale nel processo per favoreggiamento e simulazione di reato a carico di Andrea Tarozzi, difeso dall'avvocato Antonio Orlacchio. Il 32enne di Bella Farnia la sera dell'omicidio di Erik D'Arienzo, avvenuto ad agosto 2020, avrebbe riferito ai carabinieri circostanze false sull'aggressione al giovane e cioè che era stato investito da un'auto sul ciglio della Pontina e che poi la vettura era scappata, come diceva di avere appreso da Fabrizio Moretto, a sua volta sospettato dell'aggressione fatale fino alla sua morte cinque mesi dopo, quando è stato giustiziato da un killer davanti casa. Ieri pomeriggio sono stati ascoltati tre carabinieri che hanno condotto le indagini e il consulente medico della Procura, Maria Cristina Setacci, la quale ha riferito, tra l'altro, sulla circostanza della riconoscibilità dell'origine delle ferite, ossia se chiunque potesse capire se erano tagli da aggressione oppure da caduta. Insomma, la difesa dell'imputato ha cercato di dimostrare che Tarozzi, arrivato sul luogo del ferimento poco dopo i fatti e appresa la dinamica da Fabrizio Moretto, non era in grado di stabilire la natura delle ferite come il vistoso taglio sul braccio. Non era in possesso delle competenze mediche necessarie.