La Digos da 24 ore cerca l'autore del foglio in ciclostile apparso sui muri di mezza città perché potrebbe essere diffamante per le persone citate. O, in alternativa, la notizia criminis di una grave forma di sfruttamento del lavoro durata più di dieci anni in danno della stessa persona, pur citata nel documento ormai pubblico. Qualunque cosa sia porta con sè una storia di disperazione. In pratica l'autore del documento, che potrebbe non essere lo stesso lavoratore sfruttato, mette in fila una serie di attività commerciali e della ristorazione che avrebbero applicato orari di lavoro in tutto simili a quelli dello sfruttamento dei braccianti, senza un contratto e senza liquidare il trattamento di fine rapporto quando questi ha cambiato azienda. I nomi degli imprenditori riportati sono molto noti in città ed è il motivo per cui questa vicenda è diventata oggetto di verifiche.

Tuttavia al di là di come andrà a finire l'accertamento della polizia, c'è qualcosa che rende quel «foglio» attuale e preoccupante e implica un'analisi scomoda su come vanno e fin dove arrivano le verifiche sui contratti di lavoro in provincia di Latina. La sacca di sfruttamento più «famosa» e seguita è quella dei braccianti agricoli sulla quale si sono avute decine di denunce, sit in e, infine, anche molteplici indagini della magistratura. Esiste inoltre una task force che si occupa dei controlli specifici nelle aziende agricole. Negli altri settori vige un silenzio che non corrisponde allo status dei lavoratori. Nel comparto del commercio, dei servizi e della logistica la condizione dei lavoratori è, per taluni versi, sinanche peggiore del tragico assetto dell'agricoltura. Solo che non ci sono riflettori accesi e le singole denunce vanno a finire in un immenso calderone delle segnalazioni a Inps e Ispettorato, oppure attendono il loro turno nel lunghissimo ruolo della Sezione Lavoro del Tribunale di Latina, dove la media tra un'udienza e l'altra è di otto-nove mesi minimo. L'economia dei servizi e della ristorazione è stata poche volte oggetto di denuncia, un mondo sommerso che si è fatto conoscere nel periodo della crisi covid quando il numero dei lavoratori rimasti senza reddito è apparso un multiplo elevato dei dipendenti effettivi. Poteva essere quella la prova delle anomalie sul lavoro subordinato nella ristorazione e nel turismo ma non ci sono stati approfondimenti. E tutto sembrava essere tornato nel limbo della calma apparente, fino a quando un cuoco deluso si è messo, probabilmente, ad attaccare fogli ciclostilati sui muri del centro storico del capoluogo della provincia di Latina. Passando inizialmente per matto, poi per un persecutore, poi per un lavoratore stanco di aspettare giustizia e denaro derivante dal suo impegno in alcuni ristoranti della città. Intanto due settimane fa l'assessore regionale al lavoro, Claudio Di Berardino, nell'annunciare uno stanziamento di cinque milioni di euro per la formazione in materia di sicurezza ha ribadito le fragilità e lo sfruttamento esistenti nei servizi e nella logistica, a dimostrazione che i numeri raccontano una verità sulla crisi un po' diversa dalla narrazione cui si è assistito negli ultimi mesi.

Alla vigilia dell'avvio della stagione balneare si può già prevedere che circa un terzo dei lavoratori che saranno impiegati in quel settore non avranno un contratto vero e proprio poiché la domanda è di molto inferiore alla rete dell'offerta turistica su tutto il territorio. Lo scandalo bagnini a Terracina aveva già ampiamente sollevato il velo sulla condizione in cui operano molte figure professionali impiegate sulle spiagge in diverse mansioni. In quel caso è stato più «semplice» ricostruire l'accaduto perché uno dei bagnini aveva conservato i messaggi chiaramente elusivi della legge e dei contratti di categoria.