Chiedendo la proroga delle indagini preliminari, la Procura ha compiuto una mossa piuttosto chiara, volta a sciogliere definitivamente i sospetti maturati acquisendo le dichiarazioni con cui il collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo accusa una serie di carabinieri di avergli garantito, in passato, trattamenti di favore e anche partite di cocaina in cambio di informazioni utili loro per compiere indagini e arresti. Stando a quanto trapelato in questi giorni, infatti, le sole rivelazioni del pentito e le intercettazioni telefoniche effettuate a carico dei militari indagati, non hanno consentito di raccogliere, nell'insieme e sulle singole posizioni, un quadro indiziario sufficiente a sostenere l'adozione delle misure cautelari, visto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina ha respinto le richieste avanzate dagli inquirenti. Da qui, dopo il diniego, è maturata la scelta di procedere con perquisizioni e acquisizioni di telefoni e supporti informatici dei carabinieri indagati, con l'intento, una volta notificati gli avvisi di garanzia, di analizzare gli unici contesti finora sfuggiti al controllo degli investigatori. Sequestri che ora dovranno essere convalidati dallo stesso giudice prima di poter essere utilizzati ai fini dell'inchiesta.
La possibilità di riscontrare i fatti descritti da Zuppardo è tutt'altro che scontata, visto che alcune circostanze, vale a dire i rapporti di confidenza con i carabinieri, sono piuttosto datate e risalgono anche a più di dieci anni fa. Resta poi da capire in che maniera, i militari coinvolti, riuscissero ad accumulare scorte sufficienti per ripagare, con la droga, le informazioni da lui ricevute, visto che il collaborante fa riferimento a quantitativi per nulla esigui. Parliamo poi di un personaggio a dir poco discusso e ambiguo.