Si profila una battaglia legale sulla richiesta di proroga delle indagini preliminari chiesta dalla Procura nei confronti dei carabinieri, una decina in tutto, indagati perché sospettati di avere concesso trattamenti di favore e avere consegnato cocaina, sottratta nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, per ripagare l'informatore Maurizio Zuppardo, che ha accusato quei militari dopo la scelta di collaborare con la giustizia. All'indomani della perquisizione delegata dagli inquirenti, infatti, l'avvocato Alessandro Mariani, difensore di alcuni degli investigatori indiziati, si è opposto alla richiesta di proroga delle indagini depositando una memoria al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina chiamato a decidere sulla richiesta del pubblico ministero.

Agli occhi della difesa è una richiesta immotivata quella avanzata dalla Procura, alla luce del fatto che in precedenza gli stessi inquirenti avevano chiesto l'applicazione di misure cautelari e nel frattempo, sulla base del quadro indiziario prospettato, e il giudice non le aveva concesse. Tenendo conto oltretutto che dopo la reiezione della richiesta di misure cautelari, il pubblico ministero aveva fatto seguire la perquisizione e l'acquisizione di telefoni e supporti informatici.

Oltretutto le difese degli indagati non sono state messe a conoscenza del contenuto dell'atto con il quale il giudice ha negato l'applicazione delle misure cautelari, ovvero le motivazioni con cui il Tribunale ha ritenuto il quadro indiziario carente per motivare i provvedimenti restrittivi, sul fronte dei riscontri effettuati nel corso delle indagini per sostenere le dichiarazioni del collaborante. Alla luce proprio della circostanza che la Procura era arrivata al punto di chiedere le misure cautelari, l'avvocato Mariani ritiene che non sussistano ragioni obiettive per motivare una richiesta di proroga che non siano di ordine generale, strutturale, personali e organizzative. «Non sussiste giusta causa che ha creato ostacolo al rispetto del termine fissato per la chiusura delle indagini - scrive il legale nella memoria difensiva - non sussistendo alcun impegno gravoso che impedisse al pubblico ministero di recarsi in caserma e prelevare copia delle annotazioni, delle relazioni di servizio e di tutte le operazioni di polizia giudiziaria svolte».