Hanno deposto diversi testimoni davanti al giudice monocratico Elena Nadile nel processo che vede sul banco degli imputati Yousseff Berrazouk, un uomo di origine straniera, accusato di essere l'intermediario della vendita di una neonata. La vicenda dai contorni inquietanti era venuta alla luce cinque anni fa al termine di una indagine della Squadra Mobile di Latina che aveva portato anche all'emissione di provvedimenti restrittivi.

In aula lunedì mattina nel corso del processo che si è svolto davanti al Procuratore Giuseppe de Falco, che ha condotto l'esame dei testimoni, sono state ascoltate diverse persone, tra cui un dipendente del Comune di Latina, i cui sospetti sulla finta gravidanza di una donna si erano rivelati fondati. L'uomo era andato in Procura e aveva denunciato il fatto perchè si era accorto di alcune anomalie in occasione della telefonata di una 32enne che sosteneva di aver partorito in casa e non poteva andare a fare la registrazione della nata all'Anagrafe. L'uomo si è ricordato cosa era accaduto, a partire da una circostanza: la presunta madre della piccola una prima volta non si era presentata ad un appuntamento in Comune per la registrazione e in un secondo momento quando era finalmente andata negli uffici dell'Anagrafe non aveva più retto e aveva raccontato i fatti, spiegando di aver comprato la piccola.

A quel punto il dipendente del Comune aveva denunciato tutto. Nel corso della deposizione è stata ascoltata anche l'ostetrica dell'ospedale di Anzio dove era avvenuto il parto il 5 febbraio del 2017, e il padre naturale della bambina. L'udienza riprende il 10 ottobre per ascoltare altri testimoni. L'imputato - difeso dagli avvocati Francesco Vasaturo ed Emanuele Farelli - secondo le indagini della Squadra Mobile era considerato l' intermediario. Nel corso dell'inchiesta era stato arrestato nell'aprile del 2017 in esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare, ma era stato rimesso in libertà dal Riesame. L'iter processuale della donna che voleva acquistare la bambina e la madre naturale è stato diverso: hanno patteggiato la pena. Era stata proprio la denuncia dell'Ufficio Anagrafe del Comune di Latina a dare il via agli accertamenti dopo la scoperta di una stranezza. Dalle indagini era emerso che la neonata doveva essere venduta per 20mila euro. Nell'inchiesta - coordinata dal pm Gregorio Capasso - il reato contestato era tentare di costituire un atto di nascita utilizzando una falsa attestazione e violare le norme sulla legge in materia di adozione. La donna finita sotto processo aveva detto agli inquirenti che dopo un aborto spontaneo aveva simulato una gravidanza perché voleva ad ogni costo un altro figlio.