Arrivare alla sentenza del processo in Corte d'Appello per la morte di Karin Dalla Senta sembra un'impresa. Anche ieri niente da fare. E pensare che nel dicembre del 2020 si era svolta la prima udienza ed erano state formulate le richieste di condanna del Procuratore generale nei confronti degli imputati, si tratta dei medici che hanno avuto in cura la ragazza, ritenuti i presunti responsabili del reato di omicidio colposo. I tempi del processo di secondo grado si sono allungati a causa del Covid e per una serie di rinvii si è giunti a ieri, quando è arrivato l'ennesimo rinvio a causa della diversa composizione del Collegio, (per la partenza di un magistrato che ha cambiato sede). Quando tutti aspettavano la sentenza, alla fine sarà necessario attendere ancora: appuntamento al pomeriggio del 7 giugno, più di nove anni dopo la morte della ragazza. A Roma erano presenti anche i familiari della giovane deceduta al Santa Maria Goretti di Latina in circostanze che avevano portato il giudice del Tribunale Laura Morselli ad emettere le sentenze di condanna in primo grado nei confronti dei camici bianchi e di chi nel corso della degenza si era occupato di Karin.

Nel processo di secondo grado i magistrati hanno disposto una consulenza il cui esito avrà certamente un peso nel corso del processo. L'elaborato era stato consegnato a dicembre. «La sintomatologia che presentava la paziente, il fatto che assumesse antibiotici imponeva che venissero effettuati idonei accertamenti clinico strumentali che consentissero di esprimere una diagnosi e di mettere in atto una terapia mirata». L'elaborato era stato redatto dai periti nominati dai giudici della Corte d'Appello i medici Antonio Oliva, Vincenzo Arena e Franco Scaldaferri. «La morte di Karin - avevano sostenuto - non è da ascrivere ad una causa autonoma e successiva che si è inserita nel processo causale in modo eccezionale, ma è stata causata da uno choc settico in soggetto affetto da colite non diagnosticata», hanno scritto. «Le terapie adeguate che avrebbero potuto essere attuate e che sono mancate, avrebbero scongiurato l'esito pregiudizievole per la vita con probabilità vicina alla certezza». Sono stati sette i rinvii complessivi, compresi anche alcuni impedimenti che in Corte d'Appello hanno allungato i tempi per arrivare alla sentenza. I fatti che hanno portato alla scomparsa della ragazza erano avvenuti proprio alla fine di marzo del 2013 quando Karin aveva accusato dei dolori e nel giro di pochi giorni, dall'arrivo al Pronto Soccorso fino al successivo ricovero la situazione era precipitata. Il Procuratore generale aveva chiesto la conferma delle sentenze del giugno del 2018 per gli imputati: tra un anno e quattro mesi nei confronti del medico di base che aveva in cura Karin e sei e nove mesi per gli infermieri e i medici in servizio al Goretti. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Oronzo Memmola ed Emanuele Ceccano mentre il collegio difensivo è composto dagli avvocati Pierro, Angeloni, D'Amico, Mascetti e Ripoli.