Faceva un caldo infernale quel pomeriggio del 30 luglio 2017, con la città vuota e tutti gli uffici chiusi per ferie. Davanti alla porta di uno di questi, che in verità chiuso lo era da un bel pezzo, due agenti della Guardia di Finanza di Latina hanno apposto un piccolo cartoncino bianco vergato dal Tribunale, «bene sottoposto a confisca». Finiva in quel momento una lunga storia giudiziaria che ha riguardato il patrimonio di un notissimo commercialista pontino, Claudio Proietti, cui sono stati sottratti beni per un valore complessivo di dieci milioni di euro. Quello di corso della Repubblica a Latina è uno dei beni, il suo studio storico che tra qualche settimana diventerà la sede operativa della seconda sezione nel Lazio del Noe (Nucleo ecologico) dei carabinieri, con competenza per i reati ambientali nelle province di Latina e Frosinone, una sezione che prima non esisteva non certo per mancanza di sede ma perché non era stati varato il potenziamento di quello specifico segmento di investigazioni. Tuttavia la collocazione dentro uno dei (moltissimi) beni confiscati della provincia di Latina assume rilevanza in questa scelta, perché simbolica e perché rappresenta l'inversione di tendenza che si è avuta sulla complessiva gestione dei patrimoni immobiliari confiscati in questa provincia. Il dottor Claudio Proietti, nel tempo, aveva acquistato numerosi immobili in diverse città italiane, mantenendo altresì quelli che aveva sul suo territorio di appartenenza. Un'indagine della polizia tributaria è riuscita a dimostrare che c'era sproporzione tra il patrimonio e il tenore di vita, ciò insieme ad altre contestazioni ha portato alla confisca definitiva del 2017.


Il Tribunale aveva dato l'incarico ad un perito per analizzare il patrimonio e anche le spese correnti. E poi erano stati presi in considerazione i bonifici eseguiti a partire dal 2009. «La provvista a disposizione non è sufficiente - hanno scritto i giudici nelle motivazioni della misura di prevenzione - a coprire le spese sostenute. E l'evasione fiscale viene posta in essere in modo sistematico». Dodici in totale le inchieste che lo hanno riguardato. Riparte da lì, dal prodotto di quell'evasione, il cammino di un nucleo specializzato in reati ambientali, sui quali l'area di competenza ha dato già pessime prove. L'appartamento di corso della Repubblica è uno dei tre immobili che stanno per passare in uso alle forze di polizia e gli altri due potrebbero essere definiti, a buon diritto, la cartina di tornasole dei risultati raggiunti nella lotta alla criminalità organizzata. Infatti nuovi alloggi per gli agenti della guardia di finanza saranno ospitati nella villetta sequestrata a Domenico Cardone in via Mincio, mentre alla polizia verrà assegnata, sempre per alloggi, la villa di via Gran Sasso D'Italia appartenuta alla famiglia Ciarelli.

Il villino di via Gran Sasso, nel quartiere Gionchetto, era abitato dalla famiglia di Ferdinando Ciarelli detto "Macù", 36 anni, figlio di Carmine, quest'ultimo uno degli elementi di spicco del sodalizio, vittima del tentato omicidio che ha scatenato la reazione dei clan autoctoni nel gennaio del 2010. E' passato in via definitiva all'Agenzia nazionale dei beni confiscati nel 2018 e prima dell'estate sarà consegnato alla questura di Latina. L'altro immobile, in via Mincio, era invece parte del patrimonio sottratto ad un elemento di spicco del clan Di Lauro di Napoli, Domenico Cardone, napoletano, trapiantato a Latina; nel 2010 era finito sotto indagine per un sistema di truffe ai danni delle compagnie telefoniche, un business che portava avanti insieme a una serie di persone tra le quali Vincenzo Di Lauro, uno dei figli del boss di Scampia. E' presto per poter affermare che lo Stato, nelle sue diverse derivazioni, si sta riappropriando dei patrimoni illeciti e confiscati ma è abbastanza per cancellare l'oblio in cui il vasto impero dei clan è rimasto, dimenticato pur essendo blindato dai sigilli e dunque disponibile per un uso sociale e pubblico. Nel giro di dieci anni la provincia di Latina è salita ai primi posti per concentrazione di beni sottratti alla criminalità organizzata e/o di provenienza illecita, una crescita esponenziale coincisa con l'aumento delle inchieste della Dda e le misure di prevenzione patrimoniale. Soltanto la scorso anno sono arrivati a confisca definitiva 36 immobili tra case e terreni e di questi 16 sono stati assegnati nel corso della conferenza di servizi con l'Agenzia Nazionale lo scorso dicembre alle forze dell'ordine e ai Comuni di Latina, Fondi, Formia, Sperlonga. La provincia di Latina è seconda nel Lazio, dopo Roma, per valore del patrimonio immobiliare e mobiliare sequestrato e confiscato invia definitiva.