Sul quadro indiziario raccolto a carico di sei degli otto indagati dell'inchiesta "I Pubblicani" pesano soprattutto le spedizioni punitive, aggressioni motivate dal mancato pagamento dei debiti che in un caso, secondo gli inquirenti, sono sfociate in un sequestro di persona. Quegli episodi ricostruiti dai carabinieri del Nucleo investigativo devono essere considerati straordinarie testimonianze della ferocia utilizzata dai fornitori dei pusher, perché emergono in maniera oggettiva attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, in assenza della denuncia della vittima. È in particolare uno dei casi di violenza ad assumere notevole valenza probatoria, secondo i magistrati, perché consumato all'interno di un'auto nella quale era stata piazzata una microspia nell'ambito di un altro procedimento penale, iscritto dalla Procura Distrettuale Antimafia di Roma. Registrazioni che la Dda capitolina ha poi consegnato agli inquirenti pontini per l'inchiesta sulla rete di spacciatori e fornitori nata durante l'indagine sull'omicidio di Fabrizio Moretto.
L'episodio emblematico è quello che vede per protagonisti Giuseppino Pes, Roberto Ciarelli e Alessandro Artusa, ovvero uno dei due gruppi ai quali si era rivolto il calabrese Gianluca Pezzano, attraverso Cristina Giudici, per rifornirsi di droga. Il mancato pagamento dello stupefacente, aveva provocato contemporaneamente la reazione di entrambi i sodalizi: quello di Campo Boario, si era attrezzato per prendere con la forza il debitore e intimorirlo. Era successo il 25 maggio scorso, quando Artusa e Ciarelli avevano incontrato Pezzano dalle parti dei Vigili del fuoco e lo avevano fermato, per costringerlo a salire nella loro auto, puntandogli un coltello alla gola e una pistola alla testa. Avevano poi raggiunto Pes, considerato il finanziatore della partita di droga girata al calabrese che da tempo vive tra Latina e San Felice. Lo avevano portato in un luogo isolato proprio nella zona di Campo Boario, zona di riferimento di tutti e tre, quindi lo avevano picchiato e minacciato in maniera piuttosto eloquente. Il tutto all'interno dell'auto monitorata dalla Dda di Roma.
Le intercettazioni rivelano il tenore della ritorsione. Quando Pezzano si dice pronto a consegnare ai creditori un chilo di hascisc il giorno dopo, i tre si sentono preso in giro e gli animi si scaldano. Artusa infatti lo avverte così: «Uno che vuole pagare non sparisce». Pes poi mette in chiaro: «Io domani mattina devo dare i soldi a quelli, me stanno a venì a sparà». Il pusher si dice disposto a lasciare l'auto in pegno, ma la vettura è noleggiata e la conversazione degenera in fretta, tanto che Pes arriva al punto di pronunciare frasi eloquenti: «Te scanno, te scanno... ti uccido, forse non hai capito con chi stai a combattere» e poi ancora «Stai a combattere con un bastardo assassino e criminale, hai capito che ti scanno eh?... t'ammazzo...». Pezzano cerca di riportarlo alla calma promettendogli il chilo di hascisc per il giorno seguente, poi interviene Artusa: «No, Pino (Giuseppino Pes, ndr) fermate ci hanno visto troppa gente Pino, non può essere ammazzato qui».