Condanna a tre anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia nei confronti di un uomo residente a Latina, L.B., queste le sue iniziali, imputato per maltrattamenti e atti persecutori. Ieri davanti al giudice monocratico del Tribunale Francesca Coculo si è svolto l'ultimo atto del processo. La pubblica accusa nel corso della sua requisitoria ha chiesto la condanna a due anni e sei mesi, ricostruendo i fatti contestati nel capo di imputazione formulato dal pubblico ministero Daria Monsurrò. Il legale dell'imputato, l'avvocato Valentina Macor ha cercato di scardinare le accuse e alla fine, dopo la camera di consiglio, il giudice ha emesso la sentenza di condanna nei confronti dell'uomo. La parte offesa, rappresentata dall'avvocato Oliviero Sezzi, si era costituita parte civile nel processo. Il giudice ha condannato l'imputato anche all'interdizione dai pubblici uffici e al pagamento di una provvisionale di 5mila euro più le spese legali alla parte civile.
I fatti contestati erano avvenuti nel 2016 a Latina e come avevano sostenuto gli investigatori: «con condotte reiterate, in continuo stato di ebrezza dovuto all'abuso di bevande alcoliche, con ingiurie continue e insulti». Tra le frasi pronunciate: «Non vali niente», e poi percosse e anche minacce di morte: in una occasione armato di coltello ha maltrattato la moglie e anche la figlia. In un caso l'uomo aveva impugnato un coltello da cucina e lo ha puntato alla gola della coniuge ma era stato fermato da un uomo. In una altra circostanza, alcuni mesi dopo questo episodio, aveva preso per il collo la moglie. «Ammazzo te e chi frequenti», aveva detto.