Omicidio colposo. E' questa l'accusa per cui due medici, Quintilio Facchini e Chiara Verdone, in qualità di medico di medicina generale e medico militare, sono stati ieri mattina rinviati a giudizio dal giudice La Rosa.

I due dottori sono infatti accusati dalla Procura di aver contribuito all'omicidio di due bambine, Alessia e Martina, uccise dal proprio padre, Luigi Capasso, nel febbraio del 2018. Secondo la tesi dell'accusa avrebbero permesso al carabiniere di riottenere l'arma di ordinanza a pochi giorni, circa una settimana, dal giorno in cui il Comando dell'Arma gliel'aveva tolta. Una misura adottata dopo le segnalazioni e la denuncia della moglie che da tempo aveva deciso di lasciare Capasso, ma subiva i suoi comportamenti violenti. Telefonate, molestie, aggressioni, una addirittura avvenuta sul luogo di lavoro della donna. Tutto perché lui non poteva sopportare che la moglie volesse lasciarlo.

E così quella maledetta mattina Capasso, che aveva appena smontato dal servizio, intorno alle 5 e mezza si è appostato sotto casa della moglie. Sapeva che entro pochi minuti sarebbe uscita per andare a lavorare. Ha atteso e poi si è avvicinato al garage. Qui l'ha intravista, forse le ha detto qualcosa, forse non ha detto nulla. Ha estratto la pistola e ha fatto fuoco. L'ha colpita tre volte. Era sicuro di averla uccisa. E' salito in casa. Forse ha sparato immediatamente alle figlie di appena 7 e 13 anni. Poi ha atteso. Cosa non si sa. Sono arrivati i primi carabinieri. Luigi Capasso ha trattato la sua resa per ore. Poi ha deciso di uccidersi e si è sparato a sua volta. Non sapeva che la ex moglie, Antonietta Gargiulo che aveva 39 anni, era sì in fin di vita, ma viva.

Per la Procura se i medici avessero esaminato diversamente gli atti, la pistola a quel carabiniere assassino non avrebbero concesso di riprenderla ritenendolo idoneo.

La difesa, che annovera gli avvocati Orlando Mariani e Luciano Lazzari, ha voluto commentare così la decisione del giudice per l'udienza preliminare: «Il rinvio a giudizio non è certo un pronunciamento di colpevolezza. Di fronte ad un fatto tanto doloroso e grave capiamo e rispettiamo la decisione del giudice che ha ritenuto di dover far valutare ed accertare in dibattimento l'eventuale esistenza di colpe e responsabilità». Oltre ai due medici, è stata chiamata a rispondere in sede civile anche la Asl. Il processo davanti al giudice Velardi prenderà il via il 16 marzo del 2023.