Cosa succede ad una giovane donna quando per mesi il suo ex compagno l'attende sotto casa, arriva a scriverle 150messaggi nel corso di una sola giornata, minaccia di tagliarsi le vene, di bruciare l'auto, di picchiare i familiari di lei. Questa è la storia di Silvia, 30anni ancora da compiere, la faccia pulita che la fa sembrare adolescente e gli occhi pieni di paura. Mentre racconta l'incubo che sta vivendo da febbraio 2021, talvolta, si mette a ridere ed è una risata amara. «Mi rendo conto che certe volte ho rischiato la vita, temo che questa persona, un giorno o l'altro, possa arrivare ad ammazzarmi, in fondo succede tutti i giorni a tante altre. L'ho denunciato, ho chiamato le forze dell'ordine quando è venuto nell'androne del mio palazzo ed ha aggredito mio fratello. Che debbo fare ancora? Andarmene da Latina, anzi dall'Italia? Io non esco più in questa città ormai, se voglio stare una sera fuori vado a Roma, oppure a Sabaudia perché lui mi segue sempre, spia i miei profili social e quelli delle persone che frequento». Silvia si è decisa a raccontare la sua storia, di nuovo dopo averlo già fatto in plurimi atti legali, perché dice che da sola non riuscirà mai ad evitare un'aggressione dall'ex compagno. Il codice rosso inizialmente ha funzionato anche con lei: all'uomo, un coetaneo di Latina, è stata applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ma in sede di rivalutazione lei ha ritirato la denuncia. «Lui era andato a lavorare nel Veneto e quindi, come ha detto anche il suo avvocato, ormai era distante 800 chilometri, non avrebbe più potuto inseguirmi, molestarmi mille volte con telefonate e pedinamenti. Invece subito dopo il ritiro della denuncia l'incubo è ricominciato». Una drammatica messa in scena risale a pochi mesi fa, quando l'ex compagno di Silvia con una telefonata ha annunciato che si sarebbe dato fuoco all'interno della propria auto, per farla finita e morire. In effetti ha bruciato l'auto pochi minuti dopo quella chiamata, lui si è salvato e nel frattempo ha inviato le foto dell'automobile in fiamme a Silvia, aggiungendo: «Hai visto cosa è successo perché tu non mi vuoi parlare?».

«Credo che sia una persona malata, è un tossicodipendente e questo è il motivo per cui il nostro rapporto è finito. Io gli avevo chiesto di curarsi e di smettere di fare uso di sostanze stupefacenti. Penso che la droga lo abbia reso così instabile ma io non posso pagarne le conseguenze in questo modo. Ormai vado in giro con l'auto a chiusura automatica, quando rientro a casa faccio il giro dell'isolato per controllare che non sia nascosto nei paraggi. Ho presentato una nuova richiesta per il divieto di avvicinamento ma siccome la volta precedente l'ho ritirata adesso il mio avvocato mi dice che ci vorrà più tempo, che bisognerà valutare con più attenzione. Eppure le sue scenate, le minacce sono avvenute in strada davanti a tante persone, ho chiamato le forze dell'ordine, non so quali altre prove ci vogliono». Narrata in questo modo l'ennesima vicenda di stalking è assai diversa dalle molte, tutte terribili, che si leggono negli atti giudiziari, che, seppure dettagliati, non rimandano la disperazione che c'è dietro mesi (in questi caso un anno e mezzo) passati a cercare di «portare a casa la pelle ogni giorno», come spiega Silvia senza giri di parole. «Io penso di essere una sopravvissuta fino a questo momento, domani non lo so».

Gli atti persecutori e le minacce di morte e autolesionismo sono in aumento costante ma molte sono anche accompagnate dalla paura che dopo l'esposto ci possano essere ritorsioni e ulteriori violenze anche gravi. Per raccogliere le denunce è stata creata una stanza rossa all'interno del comando dei carabinieri di Latina, c'è un pool in Procura che si occupa praticamente solo di questo tipo di reati. Una rimodulazione del servizio di assistenza e di pronto intervento (i provvedimenti cautelari arrivano entro tre giorni nei casi molto gravi) che dimostrano quanto sia diffuso il fenomeno e quanto ancora ci sia da fare.