Sono 15 le persone arrestate questa mattina nell'ambito dell'operazione di polizia che ha evidenziato una volta ancora quanto fosse radicata nel tessuto economico e sociale della città di Latina l'attività criminale delle famiglie Ciarelli e Di Silvio. Soltanto uno di loro, Fredinando Ciarelli, è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in regime degli arresti domiciliari. Per tutti gli altri invece l'ordinanza parla di custodia cautelare in carcere: si tratta di Manuel Agresti, Carmine, Ferdinando (Macù), Ferdinando (Furt), Antongiorgio, Pasquale e Roberto Ciarelli, Costantino (Patatone) Di Silvio, Francesco Iannarilli, Maria Grazia e Valentina Travali: tutti quanti già detenuti che hanno visto aggravarsi la propria situazione dopo l'esito dell'indagine sui fatti del recente passato.

Scacco all'attività criminale della famiglia Ciarelli: questo l'esito dell'operazione svolta questa mattina  dalla Squadra Mobile di Latina, con la partecipazione di 4 equipaggi del reparto Prevenzione Crimine di Roma, il supporto di unità cinofile antidroga ed anti esplosivo e del reparto Volo di Partica di Mare, in collaborazione con le Squadra Mobili di Perugia, Teramo, Siracusa e Lecce, oltre che del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria - Nucleo Regionale Lazio e dei reparti penitenziari degli altri istituti interessati.

L'indagine ha portato all'arresto di alcuni membri del clan criminale pontino che conducevano attività di spaccio e usura nei confronti di imprenditori e commercianti del capoluogo che hanno deciso di denunciare gli accaduti.  Le indagini hanno evidenziato in termini di gravità indiziaria come i 10 episodi estorsivi per cui si procede abbiano mostrato l'utilizzo di condotte tipicamente assimilabili alle mafie tradizionali, ovvero: la prospettazioni di ritorsioni alle vittime in chiave plurale, la spendita del nome dei Ciarelli quale segno di appartenenza ad un gruppo criminale per amplificare l'efficacia delle azioni intimidatorie e violente, il riferimento a problemi giudiziari nonché alle spese relative ai processi degli appartenenti al gruppo per coartare la volontà delle vittime e l'affermazione del potere di riscossione del pizzo in quanto derivante dal controllo del territorio.

In molti degli episodi ricostruiti in termini di gravità indiziaria nel corso delle indagini, le vittime non hanno denunciato i fatti subiti per timore di ritorsioni, lasciando emergere un diffuso stato di assoggettamento ed omertà, determinandosi addirittura a mutare in alcuni le proprie abitudini di vita. Nello specifico, è stato riscontrato come componenti della famiglia Ciarelli gestiscano, attualmente, una forma di protezione dei detenuti in carcere, pretendendo per tale servizio la corresponsione di un somma di denaro che assicura le vittime da violenze, minacce e ritorsioni. Le vicende denunciate, inoltre, hanno evidenziato in termini di gravità indiziaria come lo stato detentivo non abbia indebolito la capacità intimidatoria della famiglia CIARELLI, la quale avrebbe continuato fino alla scorso anno, a formulare richieste estorsive nei confronti, di imprenditori, commercianti, semplici cittadini, alcuni dei quali persone offese nel processo Caronte, utilizzando il social Network Facebook, attraverso l'account "Puro Sangue Ciarelli", per raggiugere le persone che si trovano sul territorio pontino.

La capacità di intimidazione che il clan Ciarelli è risultato è poi emerso attraverso azioni criminali che i giovani rampolli di famiglia, i quali, spendendo il nome del sodalizio e dei suoi esponenti di vertice, avrebbero posto in essere fino alla scorsa estate nella zona della cosiddetta Movida, nel centro storico di Latina, e in alcuni stabilimenti balneari sul lungomare di Terracina, laddove addetti alla sicurezza venivano fisicamente aggrediti, per avere impedito l'accesso al locale o la consumazione gratuita di cibi o bevande.

E' stato da ultimo chiarito che alcuni membri della famiglia Ciarelli o avrebbero occupato arbitrariamente un immobile di proprietà di un avvocato di Latina, senza più versare nel tempo alcun pagamento di affitto, ma trasformando al contrario l'appartamento nella base logistica di una piccola attività di spaccio di cocaina che veniva portata avanti per mantenere i familiari detenuti.

Il procedimento versa tuttora nella fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza.

Latina, 15 Giugno 2022

di: La Redazione