La condanna è stata emessa ieri dal giudice Giorgia Castriota del Tribunale di Latina: 5 anni dopo il rito abbreviato che, come noto, è il giudizio previsto dal codice che permette all'imputato di essere giudicato in un'unica udienza (salvo richiesta di assunzione di determinati mezzi di prova), sulla scorta della sola attività d'indagine prodotta dal pubblico ministero, e in caso di condanna di avere la pena ridotta di un terzo. Nel caso specifico, ad essere condannato è stato G.B., 25enne di Sabaudia, per molestie sessuali e botte alla compagna. Nel corso della requisitoria il pm Giuseppe Bontempo aveva chiesto una condanna a 6 anni e 10 mesi.

L'episodio, che ha portato in seguito alla denuncia della donna e all'intervento dei carabinieri, risale al mese di agosto del 2021, quando l'uomo, secondo l'accusa, avrebbe avuto un'animata discussione in casa con la compagna davanti alla figlia di 5 anni. Nella circostanza il 25enne, evidentemente non preoccupato della presenza della piccola, prima avrebbe molestato la donna toccandole le parti intime e, in un secondo momento, l'avrebbe presa a calci colpendola con forza alle gambe. Dopo l'aggressione la donna si era fatta refertare dagli operatori sanitari: per lei una prognosi di 10 giorni.
Nella vicenda c'è anche una sorta di "paradosso" da segnalare: il giudice Castriota ha infatti revocato i permessi per i colloqui in carcere che la donna, la parte offesa, continuava ad avere con il 25enne.

Allargando il discorso allo scenario delle violenze domestiche, va rimarcato che negli ultimi due, tre anni, in tutta Italia sono nettamente aumentate le denunce da parte delle parti deboli contro i reati di natura affettiva. La nostra provincia, ovviamente, non fa eccezione e, come avviene nella gran parte dei casi, le aggressioni tra le mura domestiche vedono come vittime le donne e i genitori: nel primo caso le cause delle violenze possono essere legate, perlopiù, a gelosia, eccessivo nervosismo, assunzione di sostanze stupefacenti o alcol e problematiche legate al rapporto con i figli; nel secondo, la causa è quasi sempre legata ai soldi. In questo caso, un rifiuto da parte di un genitore, può scatenare la rabbia cieca del figlio soprattutto se tossicodipendente.