Al termine della camera di consiglio il giudice ha emesso la sentenza. Otto anni di reclusione: uno in più rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero. E' questa la sentenza nei confronti del 36enne di origine bulgara, senza fissa dimora, accusato di diversi reati: tentato omicidio, tentata estorsione, sequestro di persona resistenza a pubblico ufficiale.

Era stato arrestato da un carabiniere fuori servizio pochi mesi fa. La parte offesa è una donna di 51 anni di Nettuno che ha vissuto un autentico incubo. Nel settembre del 2021 era stata sequestrata e fatta salire con la forza sull'auto dell'uomo, durante il tragitto era riuscita a liberarsi all'altezza di Campoverde ed era stata la sua salvezza. Ad assistere a tutta la sequenza c'era un carabiniere fuori servizio che era intervenuto. Il processo si è concluso ieri davanti al giudice del Tribunale di Latina Giorgia Castriota e nella requisitoria il magistrato inquirente Valerio De Luca ha ricostruito i fatti che hanno portato ben presto all'individuazione del presunto responsabile.

Yordan Yordanov, 36 anni ha sostenuto nel corso delle dichiarazioni rilasciate in aula che non si era trattato di un sequestro di persona ma che con la donna si volevano appartare per cercare intimità perchè all'epoca avevano una relazione. Una versione a cui il giudice non ha creduto. Secondo quanto ipotizzato, l'imputato prima ha ucciso con le sue mani il cane della 51enne e poi ha tentato di violentare e uccidere la parte offesa che in un primo momento dopo che lo aveva conosciuto qualche tempo prima dei fatti, aveva dato ospitalità a Yordanov. La donna a causa delle condotte violente dell'uomo e di uno stato psicofisico sempre alterato, in un secondo momento aveva deciso di allontanarlo. E a quel punto la reazione è stata tanto inaspettata quanto violenta. Il provvidenziale intervento di un carabiniere del Reparto Territoriale di Aprilia che stava per iniziare il suo turno di lavoro ha salvato la donna tra Nettuno e Aprilia. Ieri nel corso dell'ultimo atto del processo, l'avvocato Marco Reale ha cercato di scardinare l'impianto accusatorio chiedendo l'assoluzione e alla fine il magistrato ha emesso la sentenza. Tra novanta giorni si conosceranno le motivazioni e in quel caso, una volta che saranno lette, la difesa presenterà ricorso davanti ai giudici della Corte d'Appello. L'uomo attualmente è detenuto in carcere.

Sulla vicenda sono intervenute anche le associazioni LNDC Animal Protection, LAV ed Enpa :

"Una vicenda raccapricciante, di quelle che colpiscono nel profondo, si è conclusa con una sentenza che finalmente fa giustizia. Rita Di Mario, presidente dell'Associazione "L'Arca di Rita", che da anni accudisce cani randagi a Nettuno (RM), ha visto concludersi il processo a carico del suo aggressore, dopo tanto dolore e dopo tutta la violenza e la crudeltà subite durante il sequestro che risale a settembre dello scorso anno, nel corso del quale era stato ucciso il suo cane, un piccolo chihuahua. Ieri il giudice del tribunale di Latina, Giorgia Castriota, ha emesso la sentenza per i reati di sequestro di persona, lesioni aggravate, tentato omicidio, estorsione e uccisione di animale. Per quest'ultimo reato LNDC Animal Protection, LAV ed ENPA, tutte assistite dall'avv. Michele Pezone, si sono prontamente costituite come parti civili. Il criminale, un uomo di 36 anni, è stato condannato, con rito abbreviato, a 8 anni di carcere, un anno in più rispetto a quanto richiesto dal pubblico ministero.

L'aggressore aveva sequestrato la donna, tentato di ucciderla e per meglio farle capire le sue intenzioni, durante il rapimento, ha ucciso il suo cagnolino a suon di pugni, colpendo ripetutamente fino a trucidarlo proprio davanti agli occhi terrorizzati della donna, atterrita da tanta malvagità e furia cieca. Ma la storia è ben più complessa e articolata di così. Rita, infatti, è la Presidente di un'associazione che tutela gli animali e aveva accolto l'uomo di origini bulgare per fargli svolgere attività di volontariato nella sua struttura. Ma in breve tempo l'uomo, complice il suo continuo stato di alterazione dovuto all'assunzione di alcolici, ha cambiato atteggiamento e si è fatto aggressivo, minaccioso e violento, motivo per cui è stato allontanato dall'associazione. Ed è qui che l'uomo ha iniziato a perseguitare la donna minacciandola continuamente di morte, fino al momento in cui è arrivato a sequestrarla nel suo stesso furgone. E così per Rita è iniziato il peggiore degli incubi durato 15 chilometri, da Nettuno a Campoverde. Durante il tragitto l'aggressore ha continuato a usare violenza nei confronti della donna e del suo piccolo compagno di vita, che non è sopravvissuto ai colpi ricevuti. Arrivata a Campoverde, Rita ha avuto la forza e la prontezza di gettarsi dal furgone. Lui ha bloccato il mezzo, è sceso e le è saltato addosso per finirla, ma fortunatamente un carabiniere di passaggio ha visto cosa stava accadendo e l'ha salvata dal suo aguzzino. L'incubo ha così avuto fine.

Commentano così la vicenda le Associazioni animaliste che hanno preso parte al processo: "Un caso che lascia senza parole per la violenza inaudita che lo caratterizza e per cui siamo subito accorsi in aiuto di Rita, per sostenerla anche personalmente in questa tragedia, non solo a livello processuale". Concludono: "Purtroppo questa storia rende perfettamente l'idea di come la violenza non conosca limite e quando qualcuno si mostra violento nei confronti degli animali, rischia di essere un pericolo per la società intera. Siamo tutti potenziali vittime di persone che non hanno rispetto della vita e della libertà altrui: animali e esseri umani in modo indistinto. La vita va tutelata sempre, senza se e senza ma, e le pene devono essere esemplari perché chi delinque non si trovi più nelle condizioni di poterlo fare di nuovo".