Ha superato anche un altro esame della Suprema Corte di Cassazione l'inchiesta "Status Quo" della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che la scorsa primavera ha fermato, attraverso una puntuale indagine dei Carabinieri, la riorganizzazione della famiglia Travali attorno alla piazza di spaccio dei palazzoni in Q4. Le esigenze cautelari e il quadro indiziario che le sostengono hanno trovato conferma all'esito del ricorso presentato da Guerrino Di Silvio, fratello di Maria Grazia e quindi zio dei Travali, sospettato di avere gestito a sua volta una piccola piazza di spaccio nella sua abitazione tra il quartiere Gionchetto e il centro, pur collaborando ai traffici dei congiunti. Fatto sta che come avevano già fatto i giudici del Tribunale di Roma chiamati a riesaminare la sua posizione, anche gli "ermellini" hanno confermato la tenuta della custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti, rigettando il ricorso del cinquantenne.

Prima di tutto i difensori di Guerrino Di Silvio puntavano a dimostrare che non doveva essere il Tribunale di Roma, attraverso la Dda, ad applicare la misura cautelare perché tenuto fuori, dagli inquirenti, dal vincolo associativo aggravato dal metodo mafioso. Oltretutto i legali lamentavano l'erronea applicazione della legge a fronte della contestazione di quattro episodi relativi alla cessione di modeste dosi di droga, escludendo la fattispecie della lieve entità, rispetto alla coabitazione dell'indagato con gli altri indiziati. Infine la violazione di legge in merito alla scelta di applicare la custodia in carcere.