Non ci sta Maria Grazia Di Silvio a vedersi sottrarre la casa popolare che le era stata assegnata nel rispetto dei requisiti di legge e per questo i suoi legali si sono opposto al decreto di decadenza dell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, che sarà al centro di un'udienza davanti al giudice del Tribunale di Latina prevista nel mese di ottobre.

Il provvedimento del Comune di Latina era scattato nelle more dell'inchiesta Status Quo di fine aprile, quando i Carabinieri del Nucleo Investigativo avevano arrestato la madre dei Travali per estorsione, configurata con l'aggravante del metodo mafioso, e altri suoi familiari, compresa la figlia Valentina, indiziata di avere gestito una piazza di spaccio proprio dall'appartamento all'undicesimo piano del Lotto 46 di viale Nervi. Dopo quell'operazione, gli stessi investigatori dell'Arma avevano chiesto all'Ater di avviare le verifiche del caso, che poi erano state inoltrate all'Ufficio Casa del Servizio Patrimonio - Edilizia Pubblica del Comune di Latina.

Principalmente la revoca del beneficio è scattata perché la legge regionale che regola la gestione degli alloggi pubblici, prevede la decadenza dell'assegnazione dell'alloggio nel caso in cui vengano svolte al suo interno attività illecite, accertate sulla base delle risultanze dell'autorità giudiziaria competente. Proprio su questo punto eccede la difesa di Maria Grazia Di Silvio, tuttora in carcere in virtù dell'ordinanza di custodia cautelare dell'inchiesta Status Quo di aprile: uno dei punti del ricorso verte sul fatto che la donna assegnataria della casa popolare non partecipava all'attività illecita condotta dalla figlia che durante le indagini era ristretta agli arresti domiciliari proprio nell'alloggio assegnato alla madre. Tant'è vero che il giudice per le indagini preliminari aveva negato l'arresto di Maria Grazia Di Silvio per i casi di spaccio per i quali è indiziata la figlia Valentina Travali, oltretutto senza condividere l'ipotesi degli inquirenti della Dda di Roma che la compravendita di droga fosse inserita all'interno di un'associazione per delinquere.

Inoltre la difesa mette in discussione anche l'altro requisito utilizzato dal Comune di Latina per motivare la decadenza dell'assegnazione dell'alloggio popolare, ossia la morosità che, stando ai calcoli dell'Ater, ammonta a 9.813,23 euro. Una somma, questa, che per buona parte consiste nel mancato pagamento delle spese condominiali, circostanza che, sostiene la difesa, per altri condomini finora non è valsa la revoca del beneficio della casa popolare. In ogni caso, alla luce dello sfratto notificato a cavallo di Ferragosto, i difensori della donna hanno invocato una proroga dei termini di quindici giorni per questioni logistiche, alla luce anche del fatto che la destinataria del provvedimento è tuttora ristretta dietro le sbarre del carcere.

Senza dubbio quello adottato dal Comune rappresenta un provvedimento esemplare, visto che finora non era mai stata fatta valere che in caso di attività illecite accertate all'interno dell'alloggio popolare possa essere avviata la procedura per la decadenza dell'assegnazione della casa di edilizia residenziale pubblica. Ora ci si aspetta che venga applicata anche per altre circostanze emerse nel corso delle ultime inchieste sulla malavita che prolifera nei contesti popolari.