In 610 pagine, tanto sono lunghi i quattro ricorsi alla Corte d'assise d'appello di Roma, le difese puntano a ribaltare l'esito del processo per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte.
La Corte d'assise di Frosinone, presieduta dal giudice Francesco Mancini, in primo grado, ha inflitti l'ergastolo ai fratelli Marco e Gabriele Bianchi, 23 anni a Francesco Belleggia e 21 a Mario Pincarelli, di Artena, accusati dell'omicidio del giovane cuoco di Paliano, a Colleferro, nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020. Ora le difese puntano a screditare i testimoni in forza dei quali è arrivata la condanna, come l'impostazione accusatoria incentrata sull'omicidio volontario (al limite per le difese potrebbe trattarsi di preterintenzionale). Contestata fortemente la scelta della corte di frazionare le varie deposizioni, dato il breve lasso temporale dell'aggressione subita da Willy (la cui famiglia si è costituita parte civile con gli avvocati Vincenzo Galassi e Domenico Marzi), come anche il grande clamore mediatico avuto dal caso.
La difesa di Marco Bianchi
Per l'appello dell'avvocato Vanina Zaru per conto di Marco Bianchi la sentenza «è caratterizzata da un percorso motivazionale poco coerente e non pienamente aderente alle risultanze processuali». La Corte - sostiene il legale - ha usato «solo ed esclusivamente i frammenti che andavano, quasi tautologicamente, a dar contezza e ragione alla tesi accusatoria».
Nell'appello si dà grande importanza al fatto che l'azione sia durata tra i 40 e i 50 secondi e ciò per «gettare una luce di scarsa attendibilità e modesta credibilità di quanto narrato nel corso del processo» dai testi del pm. E ancora: «Non è poi possibile affermare con certezza quale sia stato il contributo di Marco Bianchi al tragico evento», tanto più che «solo due testi, a differenza di quanto detto da tutti gli attribuiscono la pedata iniziale che avrebbe scaraventato la persona offesa a terra». Secondo la difesa, i tanti giovani presenti sulla scena alla fine hanno «ricostruito la vicenda per come avevano compreso avrebbe dovuto concludersi... Con una pena esemplare per Marco Bianchi». L'avvocato evidenzia che dalle deposizioni emerge «che sono proprio gli imputati Belleggia e Pincarelli, coloro che sarebbero stati visti nitidamente colpire Willy, mentre era steso a terra». Nel ricorso si censura la Corte di primo grado per non aver «voluto approfondire un aspetto assolutamente centrale», ovvero «la causa della morte del povero giovane». Fari puntati sulle diverse ricostruzioni dei consulenti medici che avrebbero richiesto «una perizia che desse un'indicazione precisa». In conclusione, «non vi è prova certa che Marco Bianchi abbia concorso con condotte significative e con coscienza e volontà dell'accettare il rischio della morte di una persona». Respinto il riferimento alla disciplina, la Mma, praticata da Marco Bianchi («è privo di pregio l'esaltazione dello sport praticato»). Dunque, se fosse stato «una sorta di macchina da guerra», la difesa non si spiega come Cenciarelli, l'amico di Willy, colpito anch'egli, abbia riportato solo «ferite trascurabili». Nel ricorso si evidenzia che Marco «con totale sincerità» ha ammesso solo di aver colpito Willy «all'altezza di un arto inferiore».
La difesa di Gabriele Bianchi
Gli avvocati Valerio Spigarelli e Ippolita Naso per Gabriele Bianchi contestano «l'effetto distorsivo della pubblicità mediatica degli eventi» e in modo particolare le differenti versioni rese nell'immediatezza dei fatti e poi in aula dai testi. No anche alla ricostruzione per frame della scena: «si dovrebbe pervenire all'assurda conclusione per la quale ciascuno avrebbe visto circa 2/3 secondi dell'azione». Rimarcate le discordanze «già con riferimento al primo colto che avrebbe subito Willy». La difesa contesta l'inutilizzabilità del materiale fotografico scattato nel corso dell'autopsia. Si puntualizza che l'azione di Gabriele non ha avuto un'efficacia causale sul decesso di Willy, il cui «esito nefasto è conseguito ad altra azione lesiva» non attribuibile a Gabriele. Forti le contestazioni ai medici legali di accusa e parte civile con richiesta di acquisire la consulenza medica difensiva. Secondo la difesa, la morte è causata da un colpo al collo, per cui poste tutte le contraddizioni emerse in ordine al fatto che Gabriele «avrebbe sferrato il calcio al petto di Willy... l'imputato non avrebbe mai colpito al collo Willy». Inoltre, riguardo alla causa di morte, se il colpo determinante fosse stato quello al torace, «Willy avrebbe perso istantanemanete coscienza».
Contestata pure la ricostruzione fatta dalla Corte del «calcio iniziale come "regola di ingaggio" del pestaggio, nell'ipotesi in cui l'azione violenta fosse stata concertata in anticipo dai concorrenti» perché «le risultanze istruttorie hanno dimostrato che al loro arrivo sul luogo dei fatti i due fratelli Bianchi non avevano contezza né di chi avrebbero trovato né tantomeno, ciò che più rileva, della situazione contingente».
La difesa di Belleggia
L'avvocato Vito Perugini ha negato che Belleggia possa essere considerato nella cerchia degli amici dei Bianchi e che questi a Colleferro non erano corsi in aiuto di lui o di Pincarelli. Da qui la contestazione della falange per colpire Willy. Eccepita l'inattendibilità delle dichiarazioni testimoniali degli amici dei Bianchi: «singolare... che tutti e tre siano riusciti ad assistere nitidamente solo alla seconda parte dell'azione aggressiva che, guarda caso, vede coinvolto il solo Belleggia, mentre la parte iniziale», quella con i Bianchi sia stata «percepita solo parzialmente e in maniera confusa». E ancora sul punto del calcio al volto di Willy quando era a terra: «Nessuno degli altri testi escussi, oltre a non riferire sull'esistenza di un calcio da parte del Belleggia, fa ricorso alla metafora calcistica. Il fatto che la utilizzino solamente i tre amici "fraterni" dei coimputati Bianchi, solleva più di un dubbio». Un contributo pertanto «identico», «deformante» e teso a «sfumare» la posizione dei fratelli a discapito di Belleggia. Evidenziato, al contrario, come «quattordici testi escludono un suo (di Belleggia, ndr) intervento attivo». E dunque la partecipazione dell'imputato «è stata desunta indirettamente da elementi che non trovano riscontro nella valutazione unitaria» dei dati dell'istruttoria. La banda di Artena «non corrisponde alla verità giudiziaria».

La difesa di Pincarelli
Per l'avvocato Loredana Mazzenga «la maggior parte dei testimoni ascoltati non accuserà Pincarelli di aver colpito Willy e tra questi... neppure gli altri tre imputati». E quanti lo accusano sono «tutti manifestamente inattendibili», per alcuni dei quali l'inattendibilità «verrà già sancita dal gip» di Velletri nell'ordinanza integrativa di custodia cautelare. Quanto avvenuto quella sera - insiste - dimostrerebbe che l'imputato non è «persona che cercava lo scontro Né individuo che lo innescava». Contestato, a proposito della falange, il «movimento sincronico dei quattro imputati». Evidenziata la non padronanza di arti marziali da parte di Pincarelli il fatto che «non aveva la forza e la padronanza per cagionare quelle lesioni». Per la difesa, inoltre, a Pincarelli andrebbe concessa «l'attenuante della partecipazione di minima importanza». Negato qualsiasi «previo accordo» con gli altri imputati al momento del fatto. In un passaggio poi la difesa Pincarelli osserva che «si ritiene assai improbabile, comunque, e non sufficientemente provato che Gabriele Bianchi possa aver usato il palo della luce per farsi leva» e colpire Willy. E ancora: Gabriele «mai avrebbe avuto tempo e possibilità di elaborare le possibilità paventate dalla Corte, accettando il rischio» di poter uccidere.