«Pronto, parlo con i carabinieri? Voglio suicidarmi». Questa la telefonata che è giunta sabato mattina al centralino della caserma della Compagnia dell'Arma di Terracina da parte di R.M., 61 anni, originario della Calabria ma residente da molti anni a Terracina, nella sua casa al confine con il territorio di San Felice Circeo in cui vive solo. Nessuno scherzo. L'uomo, dal tono della voce, è parso deciso a farla finita e per questo i carabinieri non ci hanno pensato su un attimo per inviare sul posto un paio di macchine. Nessuno dei militari intervenuti, però, poteva immaginare che l'arma in possesso del 61enne si sarebbe rivelata tutt'altro che legale.
Sta di fatto che i carabinieri, una volta raggiunta l'abitazione dell'uomo, hanno subito cercato di tranquillizzarlo ma, soprattutto, di disarmarlo. Per fortuna, dopo alcuni minuti concitati e con una tensione palpabile nell'aria, i militari sono riusciti a far desistere l'uomo dall'estremo tentativo. Poi sono scattati i controlli più approfonditi sulle generalità del padrone di casa, risultato già noto alle forze dell'ordine, e sull'arma che voleva utilizzare per suicidarsi: un fucile a canne mozze. Fucile che, hanno appurato i carabinieri, si è rivelato detenuto illegalmente dall'uomo, forse rubato e con la matricola abrasa.
A questo punto si è passati alla denuncia e al fermo del 61enne che ha dovuto seguire i militari dell'Arma nella caserma di via Appia a Terracina. Ieri mattina l'uomo, accompagnato dall'avvocato difensore Marco Reale, si è presentato al tribunale di Latina dove si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari Mario La Rosa. Il pubblico ministero Valerio De Luca, per lui, ha chiesto la misura cautelare degli arresti domiciliari che però il giudice non ha accordato limitando la pena all'obbligo di firma giornaliero.
Obbligo che, al momento, l'uomo dovrà espletare presso la caserma dei carabinieri di Velletri, città dove vive il figlio che ha accettato di ospitarlo.