«E' stata una morte improvvisa e non dovuta al mega colon tossico. La paziente aveva altre complicazioni gravi ed è stata assistita. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare». E' questo quello che hanno dichiarato ieri in aula nel corso dell'udienza preliminare, tre medici del Santa Maria Goretti di Latina del reparto di Nefrologia. Sono ritenuti i presunti responsabili del reato di omicidio colposo per il decesso di una paziente una donna, F.L., queste le sue iniziali, avvenuto in ospedale nel gennaio del 2019. I camici bianchi hanno deposto davanti al gup Pierpaolo Bortone e al pubblico ministero Simona Gentile.

Hanno aggiunto che la situazione era talmente critica e compromessa che anche con un' operazione la donna non ce l'avrebbe fatta. E' questo il senso di quello che hanno affermato. Alla fine l'udienza è stata rinviata al prossimo 12 maggio quando è prevista la discussione e in quel caso il magistrato deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio. L'inchiesta condotta dai Carabinieri del Nas, era stata coordinata dal pm Marco Giancristofaro a seguito di una denuncia dei parenti della donna che avevano chiesto alla Procura l'esercizio dell'azione penale. I tre medici che hanno tra i 64 e i 56 anni in base a quanto contestato, hanno avuto in cura tra il 7 e il 10 gennaio del 2019 la donna, una paziente dializzata ricoverata in uno stato soporoso con una infezione dal primo gennaio del 2019 al 10 gennaio del 2019. «Per imprudenza, imperizia ed inosservanza delle regole dell'arte medica - ha scritto il pm nel capo di imputazione - hanno omesso di eseguire tempestivamente accurati accertamenti diagnostici e di diagnosticare il megacolon tossico e sottoporre in questo modo la paziente al corretto e urgente trattamento chirurgico di colectomia». La condotta ha causato - sempre per l'accusa - la morte della paziente, a seguito di un' acuta insufficienza cardiorespiratoria.

«E' insorta quale epifenomeno di uno shock settico in una persona portatrice di megacolon tossico», è la tesi degli inquirenti. Tra gli elementi raccolti, la denuncia querela presentata dai familiari, la cartella clinica acquisita dai Carabinieri durante le indagini e altri accertamenti. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Simone Rinaldi, Luigi Di Mambro, Marco Popolla. La parte offesa è assistita dall'avvocato Simona Verdesca Zain.