Pena ridotta di oltre quattro anni e mezzo e concessione degli arresti domiciliari per Eduardo Di Caprio, il trentanovenne di Scauri, accusato dell'omicidio di Cristiano Campanale e del tentato omicidio del fratello Andrea Campanale. Lo ha deciso ieri mattina la prima sezione della Corte di Assise di Appello di Roma, presieduta da Vincenzo Capozza, con a latere come consigliere relatore Angela Tursi. A Di Caprio è stata ridotta la pena a dodici anni, in quanto i giudici hanno escluso l'aggravante del mezzo insidioso e concesso attenuanti generiche e della provocazione. Inoltre al trentanovenne sono stati concessi gli arresti domiciliari a Verona, in casa di un parente, col parere favorevole anche del rappresentante generale. La tesi portata avanti dall'avvocato dell'imputato, Paolo Barone, è stata accolta dai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Roma.
Come si ricorderà Di Caprio sia in primo che in secondo grado era stato condannato a sedici anni e otto mesi, in quanto il 25 gennaio del 2019, a Scauri, investì con la sua auto il ventisettenne Cristiano Campanale, ucciso poi dal segnale stradale contro il quale aveva impattato la Citroen del trentanovenne, che poi aggredì anche il fratello della vittima Andrea. Il processo è tornato in appello in considerazione del ricorso presentato dall'avvocato Paolo Barone alla prima sezione della Suprema Corte di Cassazione, che annullò la sentenza, rinviando gli atti alla Corte d'Appello. La decisione si basava sul presupposto della erronea applicazione della legge penale, in quanto era stato erroneamente ritenuto trattarsi di un omicidio volontario aggravato dall'uso del mezzo insidioso, negando la sussistenza della circostanza attenuante dell'aver agito in stato d'ira determinato "dal fatto ingiusto altrui", la cosiddetta provocazione. La Suprema Corte ha riconosciuto che doveva essere esclusa l'aggravante del mezzo insidioso, come semplice modalità dell'azione, poiché deve essere riconosciuta l'attenuante della provocazione.
L'avvocato Barone ha sostenuto la tesi relativa al fatto che tra il Di Caprio e il Campanale ci fossero stati degli scambi di messaggi, anche dai toni elevati. Quindi all'imputato avrebbe dovuto essere riconosciuta la circostanza attenuante della provocazione. Una tesi che è stata accolta dai giudici romani, che hanno rideterminato la pena, i quali hanno annullato l'aggravante e riconosciuto l'attenuante, costituita dalla provocazione ricevuta dall'autore dell'investimento. L'avvocato Barone, nel gennaio scorso, aveva presentato il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, nel quale esprimeva la sua contrarietà alle decisioni adottate verso il suo assistito, facendo riferimento alla sentenza di primo grado, visto che la Corte territoriale aveva integralmente condiviso le motivazioni espresse dai giudici del Tribunale di Cassino. Eduardo Di Caprio lascia il carcere di Cassino per raggiungere Verona, dove rimarrà ai domiciliari.