In aula ha pianto e ha chiesto scusa a tutti. Non capita spesso. «Scusate ho sbagliato. Mi vergogno di quello che ho fatto, non dovevo, credetemi sono pentito. Adesso ho voltato pagina, ho una famiglia e ho anche un figlio», sono state le sue parole. E poi. «Mi sono rifatto una nuova vita, scusate ancora».
Davanti al Tribunale di Latina un uomo di 40 anni originario della provincia di Caserta accusato di atti persecutori, nel corso delle udienze quando ha ripercorso i fatti ha pianto e ha chiesto scusa alla sua ex, una donna del capoluogo pontino che si era costituita parte civile ed era rappresentata dall'avvocato Veronica Terelle. La parte offesa ha 40 anni.
I fatti contestati erano avvenuti a Latina tra il 2017 e il 2019 e l'uomo - secondo quanto ipotizzato - non accettava la fine della relazione, aveva pedinato e minacciato la sua ex. In un primo momento per un episodio avvenuto nel 2015 era stato indagato (sempre per il reato di atti persecutori), la querela successivamente era stata ritirata ma a seguire qualche anno dopo le condotte erano diventate nuovamente violente. Aveva ingenerato nella donna un forte stato di ansia, i pedinamenti e le telefonate ricevute avevano portato la parte offesa a cambiare le sue abitudini di vita. E' questa la tesi dell'accusa. In un caso l'imputato si era appostato in un luogo abitualmente frequentato dalla donna e in quella circostanza era intervenuta la Polizia, allertata dopo che era stata presentata una denuncia.
In Tribunale (prima davanti al giudice Francesca Coculo e poi davanti al magistrato Paolo Romano) il processo si è concluso. L'uomo dopo aver manifestato un profondo pentimento alla fine è stato condannato oltre che alla pena di quattro mesi anche al risarcimento del danno. Nel corso del dibattimento è emerso a quanto pare che l'imputato e la donna si erano conosciuti tramite i social network.
Nella ricostruzione dei fatti, il magistrato aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione mentre la difesa ha cercato di scardinare le accuse. Alla fine dopo la camera di consiglio il giudice ha emesso la sentenza di condanna a quattro mesi. C'è da sottolineare che rispetto a prima da parte delle vittime c'è maggiore consapevolezza nel denunciare e anche meno paura. Negli ultimi anni sono nettamente aumentate le segnalazioni per i reati cosidetti di natura affettiva: dagli atti persecutori ai maltrattamenti.