Scattano le manette per il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina e per Silvano Ferraro e Stefania Vitto, entrambi collaboratori nell'ambito di procedure di amministrazione giudiziaria. Gli arresti sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale di Latina, che questa mattina all'alba sono entrati in azione per dare esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare (in carcere per Castriota e Ferraro, ai domiciliari per Vitto) emessa dalla Procura della Repubblica. I reati contestati a vario titolo sono atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.

Il procedimento trae origine dalla denuncia presentata dal rappresentante legale pro tempore di diverse società, tutte riconducibili al medesimo gruppo operante nel settore della logistica, sottoposte a sequestro nell'ambito di un procedimento incardinato per reati tributari, presso la Procura di Latina. Nello specifico, l'imprenditore lamentava le irregolarità e le condotte non trapsarenti che vi sarebbero state nella gestione dei compendi aziendali sequestrati e che, secondo da quanto lui prospettato, sarebbero state poste in essere dagli amministratori giudiziari e dal coadiutore, con l'avallo del giudice per le indagini preliminari.

Le indagini avviate a Latina, atteso il coinvolgimento di un magistrato in servizio presso un ufficio giudiziario compreso nel distretto della corte di appello di Roma, sono poi passate al Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Perugia. In seguito, attraverso l'esame di tabulati telefonici, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, acquisizione di cocumentazione bancaria, disamina delle movimentazione finanziarie dei soggetti coinvolti e soprattutto mediante le intercettazioni telefoniche e ambientali, è stato possibile acquisire elementi gravemente indiziari dell'esistenza di una rete di rapporti amicali e di frequentazione fra i vari soggetti che, all'interno dell'amministrazione giudiziaria, hanno percepito e stanno tuttora percependo compensi particolarmente cospicui.

Secondo quanto emerso dalle indagini, il conferimento degli incarichi sarebbe avvenuto al di fuori di qualsisi criterio oggettivo e in contrasto con il dispositivo di riferimento, che stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l'incarico, una "assidua frequentazione", intendendosi per tale "quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza".

In praticolare, tramite gli accertamenti è emerso, come sottolineato dal gip del Tribunale di Perugia, " attraverso le intercettazioni telefoniche e i riscontri documentali acquisiti... un quadro granitico di gravità giudiziaria indiziaria" aprendo a "un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione, nel quale soggetti nominati (dal giudice) all'interno dell'amministrazione, già legati da rapporti personali pregressi, retrocedevano al Magistrato, sotto forma di contributo mensile ed altre regalie, parte del denaro (che lo stesso giudice) liquidava loro per l'adempimento degli incarichi".

In tal senso, il giudice di Latina, secondo l'ipotesi accusatoria, non solo avrebbe direttamente nominato e agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito sistematicamente parte dei compensi in denaro liquidati dallo stesso Giudice nell'ambito dell'amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate.

Nei capi di imputazioni, per i quali è stata emessa l'ordinanza cautelare, sono contestate anche altre utilità, quali gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d'onore allo stadio Olimpiche alle partite di una squadra di calcio.