E' la vittoria di un imprenditore border line, punta di un iceberg fatto di cooperative gestite con grande disinvoltura e che va ben oltre la sua storia personale, ma è anche la vittoria di tutti quegli imprenditori che hanno subito torti dal sistema di corruttela che ha duramente segnato l'immagine della sezione Fallimentare del Tribunale di Latina nell'anno di grazia 2015 e che adesso torna invadendo qualche corridoio della sezione Penale di quello stesso palazzo di giustizia. La denuncia sulla condotta opaca del giudice Giorgia Castriota parte da Nettuno alla volta di Perugia, con la firma dell'imprenditore Fabrizio Coscione, da qualche anno al centro di indagini finanziarie, dalle quale era riuscito a fino a un certo punto ad uscire piegato, arrestato, ma non definitivamente sopraffatto. Le circostanze esposte nella denuncia hanno indotto i magistrati umbri ad avviare un'indagine affidata alla Guardia di Finanza, che nel giro di alcuni mesi ha raccolto una serie di indizi ritenuti interessanti, non ultimo quello del sequestro di un sito produttivo riconducibile allo stesso Coscione, sito la cui custodia era stata affidata dal Gip Castriota ad un professionista a lei vicino. Quando quel procedimento approda ad un altro giudice, questi ravvisa la competenza del Tribunale di Velletri e dispone la conseguente trasmissione degli atti in quella sede. Il fascicolo finisce a Velletri, ma non la parte relativa all'immobile sequestrato e affidato in custodia, che la Castriota, forse impropriamente, trattiene a sé.
Intanto un nuovo procedimento in carico alla Procura di Latina e relativo alle attività di Coscione arriva a conclusione e i pubblici ministeri che lo coordinano chiedono la misura del sequestro per equivalente dei beni personali dell'imprenditore, ritenendo abbia procurato un danno all'Erario per circa 3,5 milioni di euro. La richiesta finisce sul tavolo del Gip Giorgia Castriota che qualche tempo prima aveva provato a suggerire agli inquirenti che la misura dovesse essere estesa anche alle aziende di Coscione ancora in attività. La richiesta rimane circoscritta ai beni personali, ma anziché limitarsi alla pronuncia su quella specifica richiesta, il Gip estende la propria decisione anche alle aziende dell'imprenditore. E' la prova dell'attenzione esagerata da parte del giudice verso il patrimonio dell'imprenditore, probabilmente destinato alla custodia del professionista «di riferimento». Ma è anche il coperchio sulla pentola già piena di indizi che la Guardia di Finanza perugina aveva raccolto a carico del giudice pontino con intercettazioni, pedinamenti e analisi dei documenti acquisiti tra una banca e l'altra.