Il duplice profilo adottato dagli inquirenti perugini per descrivere a tutto tondo la figura del giudice Giorgia Castriota è tanto semplice quanto problematico. La personalità sarebbe quella di una donna che ha continuamente bisogno di denaro, perché ostinatamente votata a condurre un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità, e per raggiungere quell'obiettivo non avrebbe esitato ad usare il ruolo e la funzione per lucrare sulle nomine di amici e del compagno per ottenere in cambio denaro e regali del genere più svariato, dagli orologi ai gioielli, dai biglietti aerei all'abbonamento annuale per la tribuna vip dell'Olimpico, finanche il canone di affitto di casa, lo stipendio della colf e le rate dell'automobile.
Giorgia Castriota è un giudice per le indagini preliminari, fa parte della sezione Penale del Tribunale e per definizione non ha la possibilità quotidiana di gestire situazioni che comportino l'affidamento di incarichi professionali molto ben remunerati, e deve essere per questo motivo che quando le è capitato di dover «amministrare» dei beni sequestrati a un imprenditore, ha cercato di non mollare più l'osso.
Allo scopo di conseguire il proprio profitto, il Gip ha nominato amministratore giudiziario Stefano Evangelista, il quale a sua volta veniva indotto a nominare coadiutore giudiziario Silvano Ferraro malgrado la relazione sentimentale che legava quest'ultimo al giudice Castriota. Sempre Evangelista affidava incarichi di rappresentante legale e amministratore a Stefania Vitto, che a sua volta remunerava anche lei stabilmente il magistrato.